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Depeche Mode - delta machine tour
C'è poco da fare. Nuova produzione in studio del trio di Basildon? Si compra il CD. Nuovo tour? Si compra il biglietto. Anche a scatola chiusa. Come in questo caso. Nove mesi con il biglietto "in tasca" acquistato ancora prima di conoscere la data di pubblicazione del nuovo album. Con la musica dei Depeche Mode ci sono cresciuto, ho seguito tutta la loro carriera e l'evoluzione delle loro produzioni passate dal gelido synth-pop degli anni '80 al perfetto connubio di synth&blues di questi anni. Ancora ricordo il mio primo live datato '84 al teatro tenda di Lampugnano. Cinque, seimila spettatori al massimo, in stragrande maggioranza "dotati" di cresta e rigorosamente vestiti di nero. Difficile prevedere una carriera così lunga e soprattutto difficile immaginare, per la seconda volta, il sold-out a S.Siro.
Depeche Mode - delta machine tourPreceduti dai Motel Connection, il progetto elettronico di Samuel dei Subsonica, e dal trio scozzese Chvrches, i Depeche Mode salgono sul palco alle 21.10 con lo stadio che offre un gran bel colpo d'occhio. Due ore e un quarto di concerto, una scaletta di ventitrè brani miscelata  sapientemente tra vecchi e nuovi successi e con un Dave Gahan in forma Depeche Mode - delta machine tourstepitosa, assoluto padrone del palco. Si parte con "Welcome to My World" e "Angel" dall'ultimo album, per proseguire con "Walking in My Shoes", "Precious" e "Black Celebration", assente dai live da parecchio tempo. Si continua con "Policy of Truth", "Should Be Higher" e, a chiudere la prima parte della performance di Dave, "Barrel of Gun" che che a questo punto lascia palcoscenico e microfono a Martin Gore per "Should Be Higher" e una fantastica versione acustica di "Shake the Disease". A questo punto il microfono ritorna alla voce "titolare" del gruppo che esegue "Heaven" e la coinvolgente "Soothe My Soul" secondo singolo tratto dall'ultimo album e in radio da qualche settimana.
Depeche Mode - delta machine tourSi prosegue con "A Pain That I’m Used To", "A Question of Time" e "Secret to the End" prima del delirio dei sessantamila sulle note di "Enjoy the Silence" e "Personal Jesus" in una particolare versione che parte sorniona quasi a ricordare la cover di Johnny Cash pima di riprendere il ritmo che tutti conoscono. A "Goodbye" poi, il compito di chiudere lo show con le immagini del videoclip in bianco e nero con i tre di Basildon intenti a scambiarsi cappelli su una panchina. Giusto qualche minuto di attesa e tocca a Martin Gore, con la versione acustica di "Home", il compito di aprire l'ultimo atto dello spettacolo. "Halo", "Just Can’t Get Enough" cantata a squarciagola da tutto lo stadio, "I Feel You" e infine "Never Let Me Down Again" a chiudere 135 minuti di puro spettacolo. 
Serata memorabile. Quasi, quasi mi pento di non aver acquistato i biglietti anche per la data di febbraio.