11° placentia half marathon, la scusa per fare una gita
Prima domenica di marzo e immancabile appuntamento in terra emiliana per la mezza di Piacenza giunta ormai alla sua undicesima edizione.
La sveglia puntata come in una normale mattina infrasettimanale, abbondante colazione e poi in macchina per il centinaio di chilometri che mi separano dal centro polisportivo comunale presso lo stadio con la certezza che, nonostante i buoni propositi, anche questa volta avrò giusto il tempo di ritirare il pettorale, cambiarmi d'abito e qualche minuto per un qualcosa che nessuna persona sana di mente avrebbe il coraggio di definire riscaldamento, prima di cercare una posizione quanto più vicino possibile alla linea di start.
Alle nove e venticinque viene dato il via alla gara delle handbike e un paio di minuti dopo le nove e trenta è di nuovo competizione. Mezza, ultra (30k) e maratona. Tre gare. Stessa partenza, stesso arrivo e tutti assieme a condividere i primi quindici chilometri del nuovo percorso.
La giornata, come previsto, non è delle migliori ma almeno non piove e la temperatura intorno ai 10° rende il clima perfetto per correre. E quale occasione migliore per testare la condizione in vista dell'appuntamento con la città eterna ?
Partenza, grazie alla posizione "conquistata" in griglia, veloce con un primo chilometro addirittura esagerato che, se mantenuto a lungo, avrebbe potuto garantire solo una cocente delusione. Secondo, terzo, quarto ancora sotto i 4' e una volta abbandonata la città, per sei chilometri lungo l'argine del grande fiume prima di rientrare nell'abitato all'altezza del casello autostradale. Come da copione dopo l'undicesimo comincio a perdere qualche secondo ma, contrariamente al solito, mi rendo conto che forse questa volta non si tratta di un calo fisico.
La paura di rovinare 4 mesi di preparazione è davvero tanta.
Le posizioni sembrano cristallizzate e quelli che mi passano sono davvero pochi. In più il Garmin non aiuta complice l'errato posizionamento di alcuni cartelli chilometrici. Arrivato al quindicesimo e superato l'ultima "asperità" (leggi cavalcavia) nella mia testa si materializza l'idea che il più è fatto e come per magia anche il ritmo ne trae beneficio.
Un occhio al display del fedele compagno e dopo un rapido conto prende corpo anche la possibilità di poter centrare il personale.
Doveroso quindi provarci. Diciotto, diciannove, venti e una volta in Viale Risorgimento è una battaglia contro il tempo. Piazza Cavalli e il crono TDS a scandire i secondi. Ultimi metri in apnea e una volta messo a fuoco il display posto sotto il gonfiabile, la consapevolezza di non potercela più fare.
Stavolta niente personale e nemmeno il piacere di veder abbattere il muro degli 84' per una misera manciata di secondi.
L'appuntamento però, è solo rimandato.