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XVIII Run Rome The Marathon
Da dove comincio? Dalla fine ovviamente: finisher per la trentaquattresima volta.

A distanza di dodici mesi rieccomi ad affrontare una tre giorni nella città eterna dove coniugare sport e turismo. 
Il sabato dedicato a raggiungere la capitale, al ritiro del pettorale al marathon village allestito al palazzo dei congressi dell'EUR e al carico di carboidrati nel solito e collaudato ristorante prima di un ultima passeggiata sui Fori Imperiali dove già fervono i preparativi per accogliere tutti quelli che da li a poche ore affolleranno il lungo viale.

La sveglia puntata ad un orario impossibile, la colazione e, una volta riempita la sacca con tutto l'occorrente, alle 6e30 sono già in strada per prendere la metro destinazione Circo Massimo.
Cambio d'abito, sacca sul camion indicato e con un certo margine entro nel corral di appartenenza in attesa dello start fissato per le 8 e che viene dato subito dopo l'emozionante passaggio delle Frecce Tricolori.

Di nuovo protagonisti. Un occhio al panorama e latro al fondo sconnesso e con il navigatore impostato sui 5 si va. Il cielo è coperto, un po' troppo umido per i miei gusti ma la temperatura è quella ideale per correre e la scelta di correre in canotta si rivela azzeccata. Sono costante e non ho bisogno dei pacer per mantenere l'andatura. L'obiettivo è quello di riuscire a correrla tutta e, confortato dalla bella prestazione sui 21, riuscire magari a strappare un risultato prossimo alle 3 ore e mezza.

Sto bene, i chilometri passano tranquilli e senza nemmeno accorgermene mi trovo dopo 80 minuti in via della Conciliazione di fronte alla "Santità del Cupolone" (cit.)   Un paio di passaggi sul Tevere passando a lato dell'Ara Pacis e via ad affrontare la parte meno interessante del percorso: il Foro Italico lo stadio e l'interminabile salita del ventinovesimo prima di scollinare verso il vecchio villaggio olimpico. 

XVIII Run Rome The Marathon
La salita ha lasciato il segno e ai pochi secondi lasciati già per strada dopo il tappeto della mezza  tocca aggiungerne altri portando l'obiettivo di giornata sopra i duecentoquindici minuti. Insisto, non ho intenzione di smettere. Del resto sono comunque abbondantemente sotto i 6 al km. Trentacinque superato. 

Trentasei pure. Al trentasette tocca farsene una ragione devo rifiatare. Cinque, solo cinque chilometri. Piazza del Popolo. Non manca molto. Ancora uno e poi vedo. Trentotto., Piazza di Spagna. Trentanove. Come dal Parco a casa. E che ci vuole ? Quaranta e la bellezza di Piazza Navona con il tifo del pubblico che ti spinge a continuare.

Ci siamo, ora manca davvero poco. Anche se non posso ancora vederla so che la finish line è là dietro l'angolo, sotto l'Altare della Patria.
Ultimi metri, curva a destra, curva a sinistra ed ecco il display ad indicare treorequarantatre e spicci.

Contento ? Alla fine non è andata come avrei voluto che andasse e un po' di delusione, inutile negarlo, al momento non puoi non averla ma, come sempre accade,  una volta che hai la medaglia al collo dimentichi (quasi) tutto. 

XXVII Run Rome The Marathon
Credits Phototoday
A distanza di 5 anni mi ripresento sui Fori Imperiali per provare a portare a casa l'undicesima medaglia. Le premesse ci sono tutte e i 1000 chilometri macinati in 4 mesi sono un ottimo biglietto da visita.

Il sabato dedicato a raggiungere la capitale, andare all'EUR per il disbrigo della pratica "pettorale" e trovare il modo di spendere un po' di euro tra gli espositori, pochi a dir il vero, presenti al Salone delle Fontane. A seguire il tradizionale carico di carboidrati nel ristorante di fiducia del Rione Monti per concludere la serata con un rapido giro zona Colosseo prima del meritato riposo perché con l'arrivo dell'ora legale ci tocca pure un'ora in meno di sonno.

Sveglia, colazione e, lasciato l'albergo solo dopo un ultimo check alla borsa trasparente,  alle 7 sono già al binario della linea B giù a Termini direzione Circo Massimo. Qualche centinaio di metri per raggiungere l'Arco di Costantino e il Colosseo e, dopo il doveroso cambio d'abito, sono pronto a dirigermi al varco che permette di accedere alla zona partenza giusto una trentina di minuti prima dello start previsto per le otto e mezza.

Ci siamo, lo speaker scandisce il conto alla rovescia e puntualissimi si torna protagonisti.

Primo chilometro per impostare un passo adeguato evitando l'effetto pettorale e con un occhio al fondo e un altro al panorama si va. Il percorso, a partire dalla special edition dello scorso settembre, è stato modificato in diversi tratti e soprattutto è stata assemblata  in maniera differente la parte finale con la cancellazione del tunnel sotto il Quirinale (ancora ci penso a quanto è costata quell'ultima salita) e a me, che conoscevo il precedente a menadito, non resta che scoprire anche questo.

XXVII Run Rome The Marathon - il percorso
Piramide, Ostiense, San Paolo, Testaccio per poi all'altezza di Porta Portese prendere Lungo Tevere Aventino. Il tempo passa, i chilometri pure e le nuvole che ci avevano accompagnato  fin dalla partenza  hanno lasciato spazio ad un caldo sole che non fa rimpiangere la scelta di correre in canotta.

Per la terza volta si attraversa il Tevere imboccando Ponte Vittorio Emanuele II e una volta superata via San Pio X la svolta a sinistra ci pone davanti alla "santità del cupolone" (cit.) vista che da sola vale già il "prezzo del biglietto" e dove ho il piacere di intravvedere Valeria (non per la velocità ma perché privo di occhiali) che si è fatta trovare in Via della Conciliazione per incitarmi.

Qualche chilometro nel rione Prati, la mezza come da tabella sotto l'ora e quarantacinque e di nuovo a costeggiare il Tevere direzione Foro Italico e Stadio Olimpico dove è posto il cartello dei venticinque.

Cambiamo sponda del fiume per la quinta volta su Ponte Duca d'Aosta e dopo aver superato  l'Acqua Acetosa è la volta della lunga salita di via della Moschea dove spesso, per molti, si infrangono i sogni di gloria. 

Comincio a lasciare per strada qualche secondo di troppo ma il 5e15 visualizzato durante  l'ascesa non può che compiacermi. Sto tenendo. Ora fa caldo, la media si è alzata ma, tenuto conto che sino a martedì correvo in lungo e con I guanti, mi posso accontentare e il trentesimo superato appena sopra le due ora e mezza mi permette persino di sperare in un tempo finale di poco sopra ai 210 minuti ipotizzati alla vigilia. Speranze che, invece, si infrangono una trentina di metri prima del successivo tappeto quando, dopo più di tre anni, la bandelletta decide di tornare protagonista.

Devo smettere di correre. Il dolore è abbastanza forte e non voglio fare danni. Ma non manca tantissimo e questa volta la parola "ritiro" non è contemplata. Il clima, contrariamente a quando capitò in quel di Firenze, mi permette di proseguire senza rischiare un malanno e quindi si prosegue adeguandosi alle circostanze: si cammina, si riprende a correre e quando la bandelletta alza di nuovo la voce si ricomincia a camminare per qualche centinaio di metri. Cosi sino all'arrivo. 

XXVII Run Rome The Marathon
Sette chilometri, sono solo settechilometriecentonovantacinquemetri e c'è ancora un obiettivo da raggiungere: non sfondare (al contrario) il muro delle quattro ore.

Mausoleo di Augusto, via Del Corso, Piazza del Popolo. Un po' di corsa e un po' "a piedi". Trinità dei Monti, piazza Navona, Largo di Torre Argentina. Sempre un po' di corsa e un po' "a piedi". Questi sono i chilometri che il mondo ci invidia e io, anche se acciaccato, me li sto godendo tutti.

Manca davvero poco e, tutto sommato, non sta andando male, addirittura con un discreto margine sul nuovo obiettivo. 

Ci siamo, finalmente Piazza Venezia, l'Altare della Patria e a poche decine di metri l'arco dell'arrivo da attraversare  prima di poter dire di essere, per la trentatreesima volta, finisher.
Acciaccato, ma finisher.

35° Venicemarathon - immagine di Matteo Bertolin

Da dove comincio ? Ovviamente dall'epilogo: finisher. Un termine che, nel mio caso, mancava da tempo, troppo tempo, come, del resto, mancavano i rituali che accompagnano questo genere di "trasferte": il ritiro del pettorale all'expo, la cena a base di carboidrati nel solito ristorante, la meticolosa cura nel preparare la sacca prima di andare a letto perchè hai la sveglia prestissimo.

E se corri la Venice Marathon non è semplicemente un modo di dire perchè, dopo un ultimo check al contenuto della sacca, alle sei sono già fuori dall'albergo direzione Tronchetto dove ci attendono le navette messe a disposizione dall'organizzazione.

Gente in giro poca, ancora meno quelli con addosso abbigliamento sportivo in "processione" verso la medesima destinazione segno che questa edizione, quella della ripartenza, a livello numerico sarà sottotono.

Giusto una quarantina di minuti di bus percorrendo a ritroso quello che da lì a qualche ora sarà il percorso di gara e per l'ottava volta sono davanti a Villa Pisani. Fa freddo e anche se il buio ha ormai lasciato posto alle prime luci dell'alba tocca attendere che il sole si alzi sull'orizzonte prima di capire cosa indossare per la gara. E se l'orario previsto per la partenza garantirebbe una scelta oculata è il limite per la consegna delle sacche che detta i tempi: pantaloncini, canotta e manicotti nonostante una leggera "arietta" che, a detta dell'autista della navetta, sul "ponte" sarà più di un semplice fastidio.

Nove e quaranta si torna protagonisti. Qualche centinaio di metri per far sfilare il gruppo ed è subito passo gara. Il pettorale spesso fa miracoli ma dopo mesi di corse solitarie cercare di non farsi prendere la mano diventa la principale preoccupazione. Navigatore impostato appena sotto i cinque e si va finché ce n'è.

35° Venicemarathon
Non ho grandi ambizioni cronometriche e del resto, soprattutto ora, non devo dimostrare niente a nessuno se non solo a me stesso. La voglio finire, la voglio correre dal primo all'ultimo metro e se possibile chiudere sotto il tempo con cui ho chiuso la mia prima quarantadue. 

La giornata è fantastica, il cielo è terso e un caldo sole non fa rimpiangere la scelta del "corto". Non resta che correre facendosi distrarre dal panorama della Riviera del Brenta e dal tifo del pubblico assiepato ai bordi della strada. 

Cinque, dieci chilometri e tra uno scambio di battute e qualche sorriso da corsa solitaria si passa ad un piacevolissima corsa di gruppo. Ed è una scelta che paga perché tra una chiacchera e l'altra, senza nemmeno rendersene conto, stiamo già attraversando il gonfiabile che indica il giro di boa una manciata di secondi sotto l'ora e quarantacinque. 

Passiamo Marghera ed entriamo in Mestre e qui, dopo il lungo sottopasso della stazione, comincio a perdere il contatto con i compagni d'avventura. Pochi metri per la verità, ma segno inequivocabile che non sono nella condizione di continuare sui quei ritmi. Eppure quanto visualizzato dal garmin nei chilometri che attraversano la città sembra dire il contrario: 4e47, 4e49,4e50, 4e45. O forse sono gli altri che hanno impresso un'accelerazione alla loro gara. Più realisticamente entrambe le cose perché dopo qualche chilometro, sul vialone che conduce al sovrappasso pedonale di Parco San Giuliano, tocca definitivamente abbandonare la folle idea di riuscire a chiudere sotto i duecentodieci minuti. 

35° Venicemarathon - percorso
E allora si cambia registro. Navigatore impostato su ritmi più consoni e senza troppi patemi provo a centrare gli obiettivi (realistici) prefissati alla vigilia. 


Un paio di chilometri tra i viali del parco e dopo aver "scalato" il cavalcavia della ferrovia eccomi, ancora una volta, sul Ponte della Libertà con i suoi tremilaottocentocinquanta interminabili metri. 

Sono stanco e il vento che arriva da nord-est non aiuta. Niente a che vedere con la Bora del 2012 ma, comunque, molto fastidioso.  Ora è un'altra gara. Faccio fatica e la tentazione di mollare tutto non è più quella remota possibilità da escludere a priori. Del resto non sarebbe nemmeno la prima volta.  

Però resisto. Venezia è lì ed è sempre più vicina. Un passo dopo l'altro, un chilometro alla volta.  Oggi il verbo camminare non è contemplato. 

Trentacinque, trentasei trentasette. Un ultimo sforzo. Ancora poco e superata la Capitaneria di Porto alle Fondamenta Zattere iniziano i tre chilometri che da soli, con il giro di Piazza San Marco, valgono il prezzo del biglietto: sei ponti per arrivare alla Punta della Salute, il ponte provvisorio di barche che scavalca Canal Grande e, una volta lasciata la piazza che tutto il mondo ci invidia, gli ultimi sette che portano a Riva dei Sette Martiri.

Me la sto godendo e arrivati a questo punto non potrebbe essere diversamente tanto che anche il mio passo sembra trarne beneficio. Ancora uno, due ponti ed è finita. Ho perso il conto e solo il cartello dei quarantadue ai piedi del quattrordicesimo certifica che davvero ci siamo. Un rapido sguardo al gps, un accenno di volata e il display TDS ad indicare un tempo abbondantemente sotto le tre ore e quaranta. 

Finita, corsa dal primo all'ultimo metro e più veloce della mia prima quarantadue.

What else ?

XIX maratona di roma - credit naratona di roma
Mi hanno sempre insegnato che la maratona è la Gara, quella con la G maiuscola, quella che (tranne in rare eccezioni) chiude i giochi olimpici.  La gara che non ti regala niente,  dove non esiste la fortuna o la botta di culo. Alla fine raccogli sempre per quello che hai seminato. 

Potrai essere anche portato e predisposto per le lunghe distanze ma se non ti sei impegnato adeguatamente nei mesi precedenti il giorno  della gara ti verrà, sicuramente, presentato il conto. 

La maratona si corre.  Non importa a quale velocità ma si corre dal primo all'ultimo metro. O almeno ci si prova perchè a volte, nonostante tutto l'impegno profuso nella preparazione, si è costretti ad alzare bandiera bianca: giornata storta o troppo calda, una partenza troppo sopra le righe o un obiettivo troppo ambizioso e ci si trova a fare i conti con il fatidico muro. 

Può capitare e bisogna metterlo in conto. Diverso il discorso se invece il muro uno se lo va a cercare: preparazione insufficiente o lunghe soste dovute agli infortuni non sembrano spaventare più: 42195 metri devono essere e 42195 metri saranno. 
A qualunque costo. 

E a leggere certi commenti sui social per molti sembra sia diventata (o semplicemente lo è sempre stata) la consuetudine. 

Che dire?  Non capisco ma mi adeguo.

XX Maratona di RomaOvviamente al primo posto quella del personale, la XX Maratona di Roma 4 mesi intensi dove alla fine il viaggio per arrivare tirato a lucido alla partenza ai Fori Imperiali è stato addirittura più appagante della gara stessa: non ho tralasciato niente al caso anche se poi ho mancato il muro per uno stupido errore di valutazione.

il-blog-di-nino.blogspot.com/2014/03/xx-maratona-di-roma.html


milanocitymarathon03Sul secondo gradino la prima: la milanocitymarathon03, quella dell'incoscienza. Quella della scoperta di cosa volesse dire correre per quarantaduemilaecentonovantacinquemetri senza mai fermarsi. Poteva essere un disastro e invece un gran bell'esordio.

il-blog-di-nino.blogspot.com/2013/11/30-novembre-2003.html


27° venicemarathonAl terzo posto la 27° venicemarathon quella della bora a oltre 55km/h con 13° alla partenza e 3° all'arrivo.

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33° firenze marathon - foto Giancarlo ColomboAl quarto la firenzemarathon del 2016 con una preparazione ridotta a soli tre mesi per i problemi alla caviglia e conclusa addirittura con split negativo 

il-blog-di-nino.blogspot.com/2016/11/33-firenzemarathon.html


XXIII Maratona di Roma - foto La Gazzetta dello SportE infine, in  quinta posizione, la  maratona di roma del 2017. La mia decima partecipazione nella città eterna dopo  che per due anni ero stato costretto al posticipo dell'iscrizione: diluvio da San Paolo a San Pietro. 

il-blog-di-nino.blogspot.com/2017/04/xxiii-maratona-di-roma.html

Le vostre invece ?


35° FirenzemarathonTrentesimo o poco più e la mia Firenzemarathon  va a in archivio nel peggiore dei modi: ritirato. 

Il ginocchio,   sempre lo stesso, ha deciso di tornare protagonista. Improvviso (e soprattutto non invitato) un fastidio che credevo di aver dimenticato e che, nel volgere di un centinaio di metri, è  diventato sempre più invadente. inutile insistere e soprattutto a che pro?

Una dozzina di chilometri al pascolo con condizioni meteo favorevoli si possono anche mettere in conto, soprattutto in una città bella come Firenze che, nella parte finale del percorso,  regala bellezze come poche altre città al mondo ma non oggi.

Pioggia incessante e temperatura intorno ai nove, dieci gradi sono ingredienti che, per come la vedo io, possono solo regalarmi più di qualche giorno a spese dell'INPS.
 
Eppure c'erano tutti i presupposti (pioggia a parte) per fare bene. Nonostante i soliti dubbi della vigilia mi stavo anche divertendo. velocità di crociera programmata per non strafare. abbastanza costante e mai in affanno.

35° FirenzemarathonPartenza un po' sopra le righe condizionata dal ritmo degli altri ma regolata nel giro di pochi chilometri tra i 4e45 e i 4e50 con il passaggio alla mezza in 1 quaranta e spiccioli che mi lasciava sperare in un risultato in linea con quello di primavera nella gara di casa.

E invece niente. Primo ritiro e addio ai sogni di gloria, Perché finire una quarantadue è sempre una gran bella soddisfazione.

Vabbè, ora un po' di divaning e tra una decina di giorni, ginocchio permettendo, si ricomincia.
In primavera  c'è una medaglia da portare a casa.

18° EA7 MilanoMarathon
Decima volta a Milano e un totale di trentuno volte come finisher per arrivare a dire, se ancora ce ne fosse bisogno, che la maratona , la regina delle lunghe distanze, è una scienza esatta , non regala niente. Raccogli per quello che hai seminato  perché se decidi di puntare ad un determinato risultato ti devi impegnare per ottenerlo.

Impegno che potrebbe anche non bastare se, come ieri, ti tocca anche correre con il primo vero caldo della stagione

Sveglia all'alba, macchina, treno come un normale giorno lavorativo e alle 7e30 a Repubblica, in coda all'ingresso dei Giardini per superare i controlli richiesti dalle nuove disposizioni in fatto di manifestazioni sportive che ci fanno ormai compagnia da diversi mesi. Quarantacinque minuti e sono dentro. Cambio d'abito, deposito borsa, sosta idraulica e appena una quindicina di minuti prima dello start nella gabbia di appartenenza a pochi metri dalla linea di partenza. Ore nove, tocca a noi. Sette secondi per superare il tappeto tds ed è di nuovo competizione. 

18° milanomarathon - percorso La sede stradale è ampia e in un attimo, grazie anche alla posizione in griglia, sono già a ritmo: 4e26 elastici che, considerata le difficoltà nel preparare la gara delle ultime settimane, dovrebbe permettermi una gara tranquilla con l'obiettivo di ripetere la prestazione ottenuta a Roma dodici mesi fa. 

Il percorso, secondo me, merita e con gli aggiustamenti dello scorso anno , quando è stata rimossa la parte più  noiosa del gallaratese, è ancora più bello di quello che ricordavo. Il centro nel primo quarto  quando l'ossigeno ancora presente in abbondanza permette di apprezzare quello che una città come Milano può offrire, la zona tra la fiera e la montagnetta nella seconda, San Siro e la zona tra Trenno e il gallaratese nel terzo per rientrare verso il centro nella parte finale.

Il clima all'inizio è perfetto tanto da optare per canotta e manicotti che abbasso ancora prima di partire. Un po più caldo al sole, un po meno nelle zone d'ombra. 

Quarantaquattro e spicciolo ai dieci, novantaquattro sotto la montagnetta,  costante come nelle ultime gare. Le gambe vanno da sole e io cerco di non forzare consapevole che tenuta e temperatura potrebbero regalare amare sorprese nell'ultimo quarto.  

Ora fa davvero caldo e io, che anche nell'ultima uscita ero ancora in lungo, comincio a soffrire. La brillantezza  della prima metà sembra già un lontano ricordo e la sete invece comincia prepotentemente a farsi largo costringendomi a bere più del solito ad ogni ristoro.  Tocca farsene una ragione, navigatore riprogrammare su ritmi molto più lenti putando  l'unico obiettivo sensato che mi rimane: finirla. 

18° EA7 MilanoMarathonDodici chilometri solo, si fa per dire, 12k; in queste condizioni un'ora o poco più.  Ancora sessanta minuti sulle gambe. Un chilometro alla volta, senza calcoli e senza guardare il garmin che a questo punto è diventato un accessorio inutile.

Sono stanco e non faccio niente per mascherarlo. Voglio solo finirla e bel più breve tempo possibile. I chilometri scorrono lenti e al 39° non posso evitare di buttare un occhio al gps che impietosamente mi mostra che anche i centonovantacinque sono oramai diventati una missione impossibile. Tocca farsi coraggio e trovare le forze per  puntare almeno  allo step successivo.  

Manca poco, davvero poco e i bastioni pieni di pubblico pronto ad incitarti sono un toccasana. Sentirsi chiamare per nome ancora di più. È la mia amica  Rossana che mi scorge nel gruppo e mi affianca accompagnandomi per qualche decina di metri. Ultima "salita" e, una volta percorsi i Bastioni per intero, curva a gomito per i 200 metri finali da fare lottando con lo scorrere impietoso dei secondi. 
Under200. 
Anche questa è fatta. 
32° venicemarathon
Quando a novembre quelli della venicemarathon decisero si seguire la moda del black friday proponendo l'iscrizione a tutte le loro gare a metà prezzo è stato impossibile non approfittarne. Canoniche sedici settimane di preparazione, un lucifero di troppo, una caviglia malata di protagonismo e in un attimo (si fa per dire) mi sono ritrovato a preparare il trolley destinazione laguna.

Il sabato per raggiungere Mestre, ritirare il pettorale all'expo e una volta giunta la sera, fare il pieno di carboidrati in compagnia degli amici in una buona trattoria veneziana con il solito imbarazzo del cameriere di turno al momento dell'ordine del secondo piatto di pasta.

Sveglia, colazione e poco prima delle sette in marcia direzione stazione dove è prevista la partenza delle navette che hanno il compito di accompagnarci a Stra e dove ho appuntamento con Filippo che non vedo da parecchi anni e Piergiovanni che nella confusione non riesce a trovarci. Mezz'ora di strada e sono per la settima volta davanti a villa Pisani. Solita trafila E una volta consegnata la sacca agli addetti con Filippo partiamo alla ricerca di Alvin con cui abbiamo condiviso l'attesa della partenza diversi anni fa.

In gabbia tra una foto e una chiacchera il tempo vola e senza nemmeno rendercene conto arriva il
32° Venicemarathon
momento di tornare protagonisti. Saluti di rito e ognuno ad impostare la propria gara. Sono pronto nonostante tutto e l'obiettivo nemmeno troppo celato e quello di fare un po  meglio di Roma.

Navigatore sui 4e23 elastici e si va.

È nuvolo la temperatura è quella giusta e dell'acqua pronosticata alla vigilia nemmeno l'ombra. I pacer vanno per la loro strada e a naso sono un filo troppo  veloci tanto che io prima di lasciarmeli alle spalle ci metto sei o sette chilometri. Potrei stare con loro e farmi "guidare" ma dopo poche centinaio di metri saluto la compagnia e vado per la mia strada.

Passano i chilometri e come sempre lungo il Brenta il tifo del pubblico ci tiene compagnia con decine di mani dei bambini protese in cerca di un "cinque" che non esito a ricambiare. Cerco di tenere un ritmo costante ma con il passare dei minuti mi rendo conto che non è una delle giornate migliori. Comincio ad avere fastidio alle ginocchia e prima di arrivare alla mezza ho fastidio anche all'inguine tanto che devo ridurre l'ampiezza della falcata. Tocca prenderne atto. E con la preoccupazione di una lunga passeggiata su freedom bridge riprogrammo il navigatore su ritmi più consoni alla nuova situazione.

Ormai Mestre è in dirittura d'arrivo e una volta superata anche Marghera si entra nel vivo della gara. Tre, quattro chilometri in città e finalmente il parco dove in un paio di occasioni ho posto termine alle mie sofferenze. Ma non oggi. Problemi a parte (che a ritmi più lenti sembrano rientrati) sono consapevole di averne e per una volta freedom bridge non è quel mostro tanto temuto. Lungo noioso e interminabile dove spesso viene posta la parola fine ai sogni di gloria. Senza forzare, con il mio ritmo. Un passo dietro l'altro, un chilometro alla volta. Il ponte di piazzale Roma fortunatamente più dolce dei precedenti, il tronchetto sotto le navi o meglio le enormi "cattedrali" che ogni giorni riversano  migliaia di turisti tra le calli della Serenissima.

32° Venicemarathon
Manca poco tre, quattro chilometri eppure sembrano ancora un'enormità. Cerco di aiutarmi pensando che in fondo è l'equivalente  da casa al parco ma la cosa non sembra funzionare.

Le zattere dove hanno inizio i famosi 14 ponti e dove comincia il conto alla rovescia.

Tre chilometri. Ancora tre chilometri.

Il ponte delle barche dalla Salute a San Marco.

La piazza con il suggestivo e "bagnato" giro (l'acqua in piazza, poca per la verità, ancora mi mancava)  prima dell'ultimo mille da fare senza più calcoli.

Sette. Ora dei  ponti ne mancano solo sette.

Non ci si può più fermare.. E allora provo a spingere o almeno credo di farlo con il numero delle "asperità" che si assottiglia e il gonfiabile sempre più vicino.   

È fatta. Il cartello dei quarantadue e dopo l'ultimo di 14 non resta che provare la volata finale con il display TDS ad indicare una manciata di secondi sopra i centonovantadue minuti.
Maratona numero trenta. Anzi trenta e lode

XXIII Maratona di Roma - foto La Gazzetta dello Sport
Da dove comincio ? Difficile trovare le parole per descrivere la ventinovesima volta da finisher. Difficile perché l'appuntamento con la città eterna mancava ormai da troppo tempo. 

Posticipata la partecipazione nel 2015. Posticipata nel 2016. Insomma 'sta decima medaglia sembrava proprio non volere arrivare. 

Soliti riti comuni  a tutte le maratone con il sabato dedicato a raggiungere la capitale, il giro all'expo per la pratica pettorale e, la sera, carico di carboidrati nel solito ristorante, quello consigliato dall'amico romano doc.  

Sveglia puntata alle 5 ma dalle quattro già pronto a fissare il soffitto. In tre parole: niente di nuovo. Sei e cinquanta  e sono gia a Termini  dove ho appuntamento con una tesissima Valeria alla sua seconda quarantadue.  Tre fermate e a Circo Massimo comincia davvero la nostra giornata. 
XXIII Maratona di Roma

Giusto 5 o 600 metri per raggiungere la zona partenza (perché 42km non bastavano), cambio d'abito, foto di rito con Giancarlo e il Bress con cui devo condividere l'attesa dello start e si entra nella gabbia della prima Wave che a mezz'ora dalla partenza è ancora stranamente deserta.

Non piove ma le nuvole nere  alla nostra sinistra non lasciano dubbi. Sarà  (di nuovo) gara bagnata. 

Otto e quaranta si torna protagonisti.  Venti, trenta metri e sono gia a ritmo gara addirittura un tantino troppo veloce. Sto bene, i tre giorni di riposo hanno sortito l'effetto sperato e le gambe non chiedono altro che correre. Facile a dirsi. L'esperienza, dopo tutti questi anni, non mi manca di certo, quello di cui faccio difetto, invece, è il buon senso. Perche una volta indossato un pettorale spesso non capisco più niente. Ma su una distanza così importante almeno un minimo tocca trovarlo, tanto più che, prima di arrivare a San Paolo, un potentissimo tuono ci annuncia l'imminente diluvio. 

Navigatore impostato sui 4e30 elastici e si va. I chilometri nonostante l'acqua passano "veloci" e anche se il panorama in questa fase non entusiasma non ho il tempo di annoiarmi. Sul lungotevere Aventino finalmente un po' di tregua ma Giove Pluvio non ci mette molto a riprendere con le secchiate. Sedici, diciassette e, una volta attraversato il passetto, svolta a destra e improvvisamente siamo di fronte alla "maestà del Cupolone" che da sola, secondo me, vale il prezzo del biglietto. 

XXIII Maratona di Roma
I sampietrini non danno tregua e con la pioggia sono addirittura peggio ma nonostante tutto con un occhio al Garmin e uno alla strada si va a chiudere la mezza appena sopra l'ora e trentaquattro.


Finalmente non piove più e addirittura sembra schiarire (just an illusion).. 

Lungotevere della Vittoria e davanti all'Olimpico su ponte Duca d'Aosta cambiamo sponda per la quarta volta. La "cosa" si fa seria con la lunga salita del ventinovesimo chilometro che spesso pone fine ai sogni di gloria di molti.  Una volta scavallato una lunga discesa ci porta al vecchio villaggio olimpico e qui al trentesimo, come dicono in molti, inizia la GARA

Lungotevere Flaminio, Lungotevere delle Navi  e finalmente i sei chilometri che tutto il mondo ci invidia. Ara Pacis, Piazza Navona, Largo Argentina. Ora sono stanco ma quanto visualizzato dal Garmin sembrerebbe dire il contrario. Piazza Venezia e sulla destra, sotto l'Altare della Patria  l'arrivo li ad attenderci.

Piazza del Popolo, Piazza di Spagna e dopo il quarantesimo la salita nella galleria sotto il Quirinale.  Quella maledetta salita dove, l'ultima volta, si erano infranti i miei sogni di gloria.
Dura, durissima o più semplicemente troppo prossima all'arrivo per non sentirla ma arrivati a questo punto non ci si può più tirare indietro. Milleduecento, milletrecento metri da percorrere senza freni raschiando dal fondo del barile quel che rimane, se ne rimane, della scorta di glicogeno. 

E una volta messo a fuoco il display centrale tds che gioia realizzare che ai centonovanta minuti manca piu di un giro di lancetta.


Under 189, split negativo, decima volta a Roma e ventinovesima volta da finisher. 
What else?
33° firenze marathon - foto Giancarlo Colombo
Firenze è una città che adoro e ogni occasione è buona per farci una scappata. Diverso invece è il rapporto, almeno sino a domenica, con la sua maratona: due sole partecipazioni e altrettanti fallimenti. Perchè quando, a poco più di due terzi di gara, decidi che non è giornata e la parola ritiro non fa ancora parte del tuo vocabolario, i restanti chilometri possono trasformarsi in un piccolo "calvario". Un'onta che prima o poi andava lavata.
Logico quindi approfittare ad inizio anno della tariffa promozionale senza immaginare che questo 2016 sarebbe stato, da quando corro, l'anno con il maggior numero di problemi fisici e il minore numero di gare disputate.

Il sabato dedicato a raggiungere il capoluogo toscano, expo per sbrigare la pratica pettorale e conoscere (finalmente) il duo Berti&Borbone (in rigoroso ordine alfabetico) e poi con Gianluca e Massimo per il doveroso carico di carboidrati e proteine (chianina patrimonio dell'umanità) in un tipico locale toscano.

Ci siamo. È di nuovo "una domenica da maratoneta". Qualche centinaio di metri per raggiungere Piazza Santa Maria Novella dove sono posizionati i TIR per la consegna delle borse, cambio d'abito e con calma destinazione Piazza Duomo dove ho appuntamento con Kikko e Lino.
E se con Kikko ho solo intenzione di condividere la mezz'ora che ci separa dalla partenza con Lino invece ho deciso di condivire una buona fetta di gara.
33° firenze marathon  - percorso

Non ho ambizioni cronometriche. Ho solo voglia di finirla e possibilmente bene.

Vai tu a spiegare a tutti quelli che conosci che a tua non è la solita pretattica tipica di noi runner: "non sto bene", "non è giornata", "mi fa male qui" e poi salta fuori il personale.

I lunghi sono andati bene, la mezza addirittura alla grande, ma qui si tratta della distanza doppia.
In maratona non si può improvvisare niente perchè Lei non regala niente e oggi, senza un apparente motivo, la linea di demarcazione tra "successo" e l'ennesimo "failed" mi sembra più sottile del solito.

Il percorso è fresco di modifica con partenza e arrivo in uno degli scenari piu belli al mondo ma di fatto è semplicemente assemblato in maniera differente. Gli stessi due sottopassi, le "cascine" nel primo terzo, Palazzo Pitti, lo Stadio Franchi, l'unico cavalcavia che al 34imo pare il Pordoi e gli ultimi chilometri nel salotto buono della città.

Otto e trenta e si parte. La posizione in gabbia è buona e riuscire ad impostare il ritmo è solo questione di poche centinaia di metri. L'obiettivo sarebbe un passo da 4e58 ma anche questa volta il pettorale fa miracoli e nonostante l'impegno a non strafare i primi chilometri sono troppo veloci. Io e Lino ne siamo consapevoli ma "trascinati" da chi ci circonda facciamo "fatica" a darci una regolata.
33° firenze marathon
Eppure tocca provarci. O forse no, perchè dopo un paio di chilometri come da ruolino di marcia, siamo punto e a capo: sempre troppo veloci.
A questo punto inutile nascondersi o fingere di volerlo fare. Sino alla mezza a fare da pacer al mio socio come da programma e poi, come da consolidata "abitudine" si va finchè ce n'è. I chilometri passano e delle chiacchere iniziali è rimasto ben poco segno inequivocabile che la compagnia verrà sciolta prima di quanto preventivato. Io ne ho ancora, Lino no e al ristoro del ventesimo lo "perdo".

Forse è un azzardo ma ci voglio provare. Del resto, come dice il proverbio, chi non risica non rosica. Tanto peggio delle due precedenti occasioni non può di certo andare. Un passo dopo l'altro. Ancora una volta un passo dopo l'altro. La gara sta prendendo una piega che va ben oltre le più rosee aspettative e io mi sto divertendo da morire. Nonostante il passo sia piuttosto allegro non sono affatto "impiccato" e anche la zona meno attraente (per intenderci quella dello stadio Artemio Franchi) sembra addirittura meno noiosa di quanto ricordassi.

Un ultimo sforzo per superare il cavalcavia ferroviario e poi gli otto chilomtri che da soli valgono il prezzo del biglietto: Piazza Duomo, Ponte Vecchio, Piazza della Signoria prima dell'arrivo posto davanti al Battistero. Un epilogo da togliere il fiato.
33° firenze marathonE di colpo, una volta superata l'ultima asperità, la netta sensazione, peraltro del tutto immotivata, di avercela già fatta e il Garmin diventato, a questo punto, un accessorio inutile.

Adesso addirittura sorrido (o almeno credo di farlo) e se, per evitare guai, con un occhio presto attenzione al fondo sconnesso con l'altro cerco di godermi il panorama baciato da un fantastico sole. Quaranta, quarantuno e una volta lasciata la piazza dove il David fa bella mostra di se, gli ultimi 600 metri da per-correre senza più remore tra due ali di folla.

Provo anche a cercare il volto di mia moglie ma non la riesco a scorgere. Lei è lì davanti, sulla curva. Mi chiama ma io, nel pieno della trance agonistica, nemmeno me ne accorgo.

Ultima curva, il tappeto blu e a braccia alzate a varcare per la ventottesima volta una finish line con il display TDS ad indicare una manciata di secondi sopra i duecentotre minuti.
E ora chiedetemi se sono felice.


30° venicemarathon
Dopo quattro lunghi mesi a macinare chilometri è nuovamente arrivato il momento di indossare il pettorale di una quarantadue: Venicemarathon edizione numero trenta, per quel che mi riguarda, la sesta. 
E devo riconoscere che si è trattato di un fantastico fine settimana sotto ogni punto di vista: la città, che non ha certo bisogno di presentazioni, il clima che, anche a potere decidere, non poteva essere migliore e l'atmosfera che, in ogni angolo, ops calle, si poteva respirare. 
Non sono al meglio della condizione e il timore di non averne più ancora prima di arrivare al parco è un tarlo che mi frulla per la testa ormai da giorni. I presupposti ci sono tutti e ne sono consapevole. Mi tocca e la voglia di provarci ugualmente deve, almeno per una volta, lasciar spazio al buon senso.
Nove e quaranta, si parte. Navigatore impostato sui quattroetrenta e vediamo cosa ne viene fuori.
Il percorso è quello collaudato da anni ed è un piacere vedere assiepata lungo la strada tutta quella gente ad incoraggiarci con un indefinito numero di bambini pronti a porgerci "il cinque" e, senza l'assillo della prestazione a tutti i costi, è davvero bello allungare la traettoria e ricambiare quel semplice gesto. Dolo, Mira, Oriago, e il copione è sempre lo stesso.
I chilometri passano veloci e grazie al ritmo più sostenibile i timori della vigilia sembrerebbero del tutto infondati. Marghera, Mestre e finalmete il parco San Giuliano dove spesso terminano i sogni di gloria di molti. E, come gia accaduto qualche volta, mi unisco alla simpatica compagnia. Comincio a lasciare per strada più di qualche secondo e, una volta abbandonato l'isola verde e imboccato il ripido cavalcaia S.Giuliano, nonostante aver ulteriormente rallentato, la stanchezza prende il sopravvento e, per evitare guai peggiori (leggi crampi), decido che per questa volta può bastare.
30° venicemarathonSono ormai al trentaduesimo sul famigerato "freedom bridge", (quasi) quattro chilometri d'asfalto senza apparente fine, ma Venezia è lì davanti, quasi la si può toccare e, alternando un po' di corsa e un po' di camminata veloce, in ogni caso "sarà mia". Dieci chilometri, poco meno di un quarto di gara, eppure sembrano ancora un'eternità. Piazzale Roma, il Tronchetto e finalmente i quattordici famosissimi ponti che portano all'agognata medaglia. Un sorso di integratore all'ultimo ristoro e si riparte. Almeno questi, tocca farli dignitosamente.
E poi c'è una Piazza, anzi la Piazza più famosa al mondo da attraversare in tutta la sua lunghezza, prima degli ultimi interminabili mille metri.
Uno spettacolo. Tre chilometri che da soli valgono il prezzo del biglietto.
Alla fine il display indica under210. Tanto, troppo. Ma sinceramente, questa volta, non me ne può fregar di meno.
15° milano marathon
Cinque appuntamenti con Mister Rondelli, una gara di test e, dopo quasi tre mesi, i #cityrunners "tirati a lucido" sono di nuovo ai nastri di partenza della Milanomarathon

Qualcuno nella maratona, il resto della della truppa alla relay (giunta ormai alla sua quinta edizione), ma tutti con il medesimo obiettivo: portare a termine una nuova sfida.

Il gruppo è cresciuto nel numero ma soprattutto, ed è quello che più conta, è cresciuto nell'affiatamento. E la consegna dei pettorali ne è ulteriore prova. Un paio d'ore a ridere e scherzare presso runBase (il nuovo tempio del running milanase fresco di inaugurazione) in attesa di un ospite d'eccezione. Eh già, perchè adidas ha deciso di farci un ulteriore regalo: il pettorale consegnato dal grandissimo Haile Gebrselassie, testimonial del brand a tre strisce.

Saluti, baci e abbracci e lasciata l'allegra combricola si torna a casa per il classico rito pre-gara: la meticolosa preparazione della borsa e il carico di carboidrati (leggi amatriciana).

15° milano marathon
Ennesima sveglia pre-alba, trenord e alle otto già in Corso Venezia dove è posta partenza, arrivo e tutta la logistica di questa edizione. Sole, cielo terso e temperatura che, come ampiamente previsto, semplifica di molto la scelta dell'abbigliamento che non può che essere "canotta".
Quattro chiacchere con gli amici, cambio d'abito e poco dopo le nove in griglia ad attendere la partenza. E una volta in "gabbia" una sola domanda: che fare ?. Eppure con venticinque 42k alle spalle non dovrei avere dubbi. La maratona è la Gara. Non regala niente e ne sono consapevole. Poca quantità ma soprattutto poca qualità con l'ultimo "lavoro" degno di questo nome datato fine dicembre. 

Niente da fare. Il buon senso, in queste occasioni, non mi appartiene. Ore nove e trenta e al colpo di cannone si parte sotto una pioggia di coriandoli colorati. Velocità di crociera impostata sui quattro e quindici e il compito di controllare il ritmo lasciato al gruppo dei pacer con il palloncino giallo. Si va finchè ne ho e una volta in riserva mollo tutto e, a passeggio come un turista, mi godo il panorama approfittando della giornata per prendere anche un po' di colore. Bello il nuovo percorso; larghi viali permettono di sgranare il gruppo già da subito e il salotto buono della città da percorrere quando ancora l'abbondanza d'ossigeno permette al cervello di apprezzare le bellezze che anche una città di Milano può offrire. Ma duro. Almeno nei primi chilometri dove, una buona metà del primo quarto è su pavè tanto da far pensare di stare a correre da un'altra parte (Roma, tanto per intenderci). 

15° milano marathon
I pacer sono bravi a fare quello che tutti si aspettano ma con il passare dei chilometri mi rendo conto che, continuando con i lori ritmi, la spia della riserva potrebbe accendersi ancor prima di quanto sperato e una volta arrivati a Cadorna, colto da improvviso colpo di saggezza, decido di abbandonare la compagnia. Solo una manciata di secondi in più ma sufficienti a non correre "impiccato".
Pagano e la prima zona cambio ancora poco popolata. È ancora presto (la relay è partita mezz'ora dopo) ma non posso fare a meno di provare a cercare qualche faccia amica trovando Greta e Francesca in attesa di ricevere il testimone dai primi frazionisti. Via Washington, la vecchia Fiera, il Vigorelli, viale Scarampo e le prime due "asperità" del percorso costituite da un sottopasso e il cavalcavia sotto la Montagnetta. Siamo in zona S.Siro e nel giro di qualche minuto, arrivati in Via Sant'Elena, finalmente si "scollina" con il display Tds ad indicare un'ottantina di secondi sopra i novanta. 

Ventuno, ancora ventun chilometri. Si comincia a fare sul serio. Viale Caprilli, S.Siro, il Parco di Trenno e i chilometri meno "turistici" del nuovo percorso. Il caldo ma soprattutto la stanchezza comincia a farsi sentire e il passo non può che risentirne. Tocca adeguarsi adottando la collaudata tattica del "ancora uno poi vedo". I chilometri passano sempre più lentamente ma, nonostante tutto, reggo. Ventinove, trenta e la vocina che ti dice "basta" sempre più insistente. Eppure non mollo. Rallento (viaggio a 4' e 40") ma continuo. Ancora uno e poi vedo. Trentuno, trentadue e una terza zona cambio affollatissima con quelli della lettera "D" ad incoraggiare tutti quelli che passano. E io che faccio mi fermo proprio ora ? Non se ne parla. Ancora uno e poi vedo. Di nuovo in Via Gallarate e al cartello dei trentatre tocca però sventolare bandiera bianca. Giusto qualche passo per rifiatare e poi riparto. Nove, ancora nove, solo nove chilometri. Tocca stringere i denti. Riparto, un altro chilometro e di nuovo qualche decina di secondi a passo spedito prima di ripartire nuovamente.


15° milano marathon
Il metodo sembra funzionare e la finish line comincia finalmente a materializzarsi. Nessun calcolo, nessuna previsione. Solo un passo dietro l'altro. Il Portello e il sovrapasso di Casa Milan a scavalcare Viale Serra nemmeno troppo "duro" con il rifornimento Enervit del trentacinquesimo che sembra manna dal cielo. Corso Sempione infinito come sempre e la sensazione di poter portare a casa un risultato insperato. 
Comincio davvero a crederci. Via Canova e l'attraversamento del parco del Castello prima di sbucare in via Legnano direzione Porta Nuova e (finalmente) il quarantaduesimo posto sui Bastioni di Porta Venezia. Una curva, ancora una curva e gli ultimi centonovantacinque metri da fare senza più calcoli prima della agognata finish-line da attraversare a braccia alzate e con un sorriso a trentadue denti stampato sul viso. 
Finisher.
Di nuovo.