che nervi....
... male. Dopo quattro mesi passati a macinare chilometri ero davvero convinto di riuscire a ripetere, anzi migliorare la prestazione dello scorso anno. Evidentemente, ancora una volta, devo aver fatto i conti senza l'oste. Deluso ? Ovviamente, inutile nasconderlo. In questi anni ho imparato che la maratona non regala niente ma comincio a pensare che, per quel che mi riguarda, per limare 'sti due maledetti secondi (al chilometro) mi tocca pure sperare di trovare la giornata "perfetta".
Solito collaudato programma con il sabato dedicato a raggiungere la capitale, visita dell'expo per sbrigare la pratica "pettorale" e serata dedicata al carico di carboidrati con il tradizionale appuntamento al "Cantinone" per rivedere vecchi amici e conoscerne di nuovi.
Domenica, ore otto, metropolitana "B" direzione "Circo Massimo". Classica procedura (cambio d'abito, deposito borsa, tappa idraulica) e ritrovo nei pressi dell'Arco di Costantino per un ultima foto di gruppo prima della "diaspora" con destinazione "gabbia di appartenenza". Solita snervante attesa e alle nove e zero tre si torna ad essere protagonisti.
Primi chilometri con il freno a mano tirato con un occhio alla strada e l'altro fisso sul display del Garmin incurante dei tanti che mi passano da tutte le parti. Quattro e quindici costante. Piramide, San Paolo, Testaccio, Via Marmorata, Lungotevere dei Vallata, in perfetta media. Ponte Cavour, via della Conciliazione e davanti a noi, come diceva qualcuno, la santità del Cupolone. Sedici, diciotto, venti, alla mezza, preciso come un metronomo, appena sotto i novanta con il garmin che da diversi chilometri indica un passo che, a volergli credere, mi avrebbe dovuto far transitare al giro di boa con un margine di gran lunga superiore al minuto. Al ventiduesimo l'Olimpico e la novità del nuovo percorso. Ponte Duca d'Aosta e si cambia sponda ripassando nuovamente il fiume. Finalmente dopo anni ci viene risparmiato il Viale del Foro Italico, niente rampa d'accesso, niente più salita. Illuso. Di sicuro il nuovo tratto è più bello di un'anonima arteria stradale ma di certo non meno duro.
Sarà stata la stanchezza che cominciava a farsi sentire, saranno state le "visioni" dovute al carico di "amatriciana", "cacio e pepe" e "carbonara" della sera prima, sta di fatto che ad un certo punto la strada ha cominciato a salire, salire, salire per poi ridiscendere (dopo una salita c'è sempre una discesa ma da nessuna parte c'è scritto che il numero delle salite in una gara deve, a fronte di una modifica del percorso, essere costante) e portarci per le vie del villaggio olimpico prima di ritornare, intorno al 31°, sul lungotevere Flaminio.
Un primo chilometro sopra la media, un altro anche peggiore e la presa coscienza di non riuscire più a mantenere inalterata la distanza dai palloncini gialli che, da diversi chilometri, usavo come riferimento. La caccia al PB poteva dirsi conclusa. Inutile insistere. Remi in barca e gestione degli ultimi dieci chilometri cercando di concludere con un tempo, viste le aspettative, comunque dignitoso. Ara Pacis, Piazza Navona, Largo di Torre Argentina e il ristoro del 35°. Via del Corso, Piazza del Popolo, Piazza di Spagna e Fontana di Trevi. E una volta tornati in Piazza Venezia gli ultimi duemilacinquecento interminabili metri. I più duri. La salita del Campidoglio, quella del Circo Massimo e, dopo aver percorso via San Gregorio, quella del Colosseo prima fare affidamento alle ultime energie rimaste per percorrere Via dei Fori Imperiali tutto d'un fiato consapevole che, nonostante tutto, anche la diciottesima maratona sta per essere portata a termine.
Under 190'. Diciamo che va bene così.