la prima volta della mezza più partecipata d'Italia
Sole, temperatura primaverile e una piacevole compagnia. Questi i semplici ingredienti della prima edizione de "#cityrunners in gita". Obiettivo: varcare la "finish-line" sul lungomare di Ostia dopo una cavalcata di ventun chilometri nella mezza più partecipata d'Italia.
Il sabato mattina dedicato a raggiungere la capitale, il pomeriggio per il disbrigo pratica pettorale e la visita allo stand adidas per una foto di gruppo con Goffi e Annalisa Minetti e la sera dedicata al carico di carbroidrati in un ristorante tipico in zona Cavour prima dei saluti e di un meritato sonno ristoratore.
Il sabato mattina dedicato a raggiungere la capitale, il pomeriggio per il disbrigo pratica pettorale e la visita allo stand adidas per una foto di gruppo con Goffi e Annalisa Minetti e la sera dedicata al carico di carbroidrati in un ristorante tipico in zona Cavour prima dei saluti e di un meritato sonno ristoratore.
Domenica ore 7, metro B direzione "Laurentina" e, per una volta, non è "Circo Massimo" la destinazione finale. Giusto una quindicina di minuti per giungere al quartiere EUR e, una volta lasciata la metro, come tante formiche in processione verso il PalaLottomatica dove è posta la partenza prevista per le nove e quindici.
Il cielo è terso, il sole comincia a far capolino e le previsioni parlano chiaro da giorni: primavera. Non resta che cambiarsi, consegnare la borsa ai volontari e portarsi sotto la statua di Pomodoro in attesa di incontrare Anna, Giancarlo e il gruppo di "twitter" per un veloce saluto e una foto da affidare ai "social".
Non sono al meglio e ne sono consapevole. Inutile tentare l'impossibile su un percorso che, anche se ne sento parlare da sempre, è comunque, per quel che mi riguarda, un'incognita.
A Vittuone è andata alla grande e, a distanza di quindici giorni, sicuramente riuscirei anche a fare di meglio. Ma ne vale la pena ? No, se l'alternativa e aiutare un amico (ma si può considerare amico un interista?) nella difficile impresa di chiudere per l'ennesima volta sotto i novanta.
Il cielo è terso, il sole comincia a far capolino e le previsioni parlano chiaro da giorni: primavera. Non resta che cambiarsi, consegnare la borsa ai volontari e portarsi sotto la statua di Pomodoro in attesa di incontrare Anna, Giancarlo e il gruppo di "twitter" per un veloce saluto e una foto da affidare ai "social".
Non sono al meglio e ne sono consapevole. Inutile tentare l'impossibile su un percorso che, anche se ne sento parlare da sempre, è comunque, per quel che mi riguarda, un'incognita.
A Vittuone è andata alla grande e, a distanza di quindici giorni, sicuramente riuscirei anche a fare di meglio. Ma ne vale la pena ? No, se l'alternativa e aiutare un amico (ma si può considerare amico un interista?) nella difficile impresa di chiudere per l'ennesima volta sotto i novanta.
Seconda griglia, prima wave e nonostante il "traffico" (ancora un po' che aspettiamo ad entrare...) io e Giancarlo riusciamo ad non essere troppo distanti dal gruppo dei Top Runners.
Ore 9.15 e si torna ad essere protagonisti. Partenza a cannone e grazie all'iniziale discesa e all'ampiezza della Cristoforo Colombo in un attimo ci ritroviamo a correre abbondantemente sotto i quattro. Ma non può e non deve durare e infatti, una volta sgranato il gruppo, ci si assesta a ritmi più consoni.
Quattro chilometri all'interno del Municipio XII prima di riprendere la lunga striscia d'asfalto a tre corsie con destinazione mare. Dovrei fare da pacer ma in realtà è Giancarlo a menare le danze. Conscio di giocarsela sul filo dei secondi si rende conto che, per quanto costante io possa essere, anche solo un paio di secondi al chilometro di differenza potrebbero significare mancare l'obiettivo. E io mi adeguo. Libero dalle responsabilità mi limito a godermi lo spettacolo. Tre corsie invase da oltre tredicimila matti in maglietta e, come li chiama Anna, "braghini" corti.
Il percorso, abbandonato l'EUR, è caratterizzato sostanzialmente da tre salite e altrettante discese. Ma quella temuta da tutti è la salita del campeggio. Pendenza poco sensibile ma lunga, infinitamente lunga e quando, pensando che sia finita, cominci a rifiatare ecco che la strada riprende a salire per il colpo di grazia.
Il passo, compatibilmente con il tracciato, non è costante ma in linea con le aspettative. Ed è un piacere correre con Giancarlo (forse qui sto esagerando). Conosce il percorso a menadito ed è abile a non percorrere un metro in più del necessario evitando di zigzagare inutilmente e impostando traettorie perfette nelle poche "curve" che tocca affrontare. Al quinto in ventuno, al decimo in quarantadue e quaranta e un parziale che risulta essere di una decina di secondi oltre il preventivato.
Ed è ora che viene il bello. La “Heart break Hill” da affrontare senza timori reverenziali con i paces dell'ora e trenta avanti di un centinaio di metri. Si sale, gradatamente, ma si sale e il ritmo non può che risentirne confermando quanto ascoltato da chi, questa corsa, l'ha già fatta. Poco meno di una decina di minuti e quando finalmente si scollina lo sguardo non può che portarsi alla fine del lungo rettilineo a cercare vanamente la vista del mare oscurata, in realtà, dall'ultima asperità pronta ad attenderci prima dell'ultimo chilometro.
"Facilis descensus Averni" a voler fare il figo o, come ricorda sempre mia mamma, "in discesa, tutti i Santi aiutano" e non è nemmeno necessario avere conferme da quanto visualizzato dal display del Garmin per capire che stiamo "volando" transitando al quindicesimo in sessantaquattro con i pacer molto più vicini e l'obiettivo del giorno a portata di mano.
Ed è ora che viene il bello. La “Heart break Hill” da affrontare senza timori reverenziali con i paces dell'ora e trenta avanti di un centinaio di metri. Si sale, gradatamente, ma si sale e il ritmo non può che risentirne confermando quanto ascoltato da chi, questa corsa, l'ha già fatta. Poco meno di una decina di minuti e quando finalmente si scollina lo sguardo non può che portarsi alla fine del lungo rettilineo a cercare vanamente la vista del mare oscurata, in realtà, dall'ultima asperità pronta ad attenderci prima dell'ultimo chilometro.
"Facilis descensus Averni" a voler fare il figo o, come ricorda sempre mia mamma, "in discesa, tutti i Santi aiutano" e non è nemmeno necessario avere conferme da quanto visualizzato dal display del Garmin per capire che stiamo "volando" transitando al quindicesimo in sessantaquattro con i pacer molto più vicini e l'obiettivo del giorno a portata di mano.
Ora anche il mio compagno di viaggio comincia davvero a crederci e, proseguendo la lenta rimonta sugli angeli dai palloncini azzurri, ci si avvicina all'epilogo di questa gara. Diciassette, diciotto, diciannove e al ventesimo l'ultima salita da superare senza troppi calcoli prima di raschiare il fondo del barile nel tentativo di recuperare insperate riserve di energia e lanciarsi sul lungomare di Ostia in una lotta impari contro il cronometro.
Ultimi duecentocinquanta metri e un margine di una settantina di secondi che potrebbero non bastare. Ma, come spesso accade, la vista, o meglio, la "visione" della finish-line può fare miracoli e un parziale da 3'30"/km lo testimonia. Ancora poche decine di metri in totale apnea e la mano a stoppare il 305 che sentenzia "unoventinoveecinquantanove".
Saluti, baci e abbracci e assolto brillantemente il compito niente di meglio, una volta ritrovato il resto della comitiva, di un meritato "recovery-meal" sul litorale romano prima di riprendere la strada che riporta a casa.
Per quel che mi riguarda, un fine settimana di ricordare.
Ultimi duecentocinquanta metri e un margine di una settantina di secondi che potrebbero non bastare. Ma, come spesso accade, la vista, o meglio, la "visione" della finish-line può fare miracoli e un parziale da 3'30"/km lo testimonia. Ancora poche decine di metri in totale apnea e la mano a stoppare il 305 che sentenzia "unoventinoveecinquantanove".
Saluti, baci e abbracci e assolto brillantemente il compito niente di meglio, una volta ritrovato il resto della comitiva, di un meritato "recovery-meal" sul litorale romano prima di riprendere la strada che riporta a casa.
Per quel che mi riguarda, un fine settimana di ricordare.