La mia seconda esperienza alla Wings for Life World Run 2017: la gara di chi corre per chi non può farlo
Ed è di nuovo tempo di Wings For Life, quarta edizione, seconda per il sottoscritto. Una gara che, inutile negarlo, mi piace parecchio.
Mi piace lo scopo per cui è stato inventata e mi piace la formula: corri finché non vieni catturato dalla macchina che a mezz'ora dalla partenza (data simultaneamente in tutto il mondo) comincia la rincorsa alle sue "vittime".
Venticinque località, centottantaquattro nazionalità e ottantaseimiladuecentotrentuno arrivati per un evento che si prefigge da quattro anni di raccogliere fondi per la ricerca di una cura per le lesioni del midollo spinale.
La partenza italiana è prevista per le tredici e, per una volta, ho tutto il tempo per fare le cose con calma. Sveglia ad un orario da domenica, colazione a base di pasta in bianco e parmigiano sotto lo sguardo divertito di mia moglie e alle dieci in macchina direzione Milano.
E se nella passata edizione, causa infortunio, mi sono "costituito" alla mezza questa volta l'obiettivo minimo della giornata e il cartello dei trentaK con la, neanche tanto nascosta, speranza di poter arrivare oltre.
Con un cielo che non promette niente di buono, una temperatura da inizio marzo e la sensazione, fortunatamente smentita, di dover bissare Roma, con discreto anticipo, entro nella gabbia di appartenenza in attesa dello start. Quattro chiacchere con Franz Rossi che avevo avuto il piacere di incontrare alla Venicemarathon e poco prima del via vengo raggiunto da Federico che non incontravo dai tempi dei cityrunners.
25k lui, 30k io, un 4e30 che sembra alla portata di entrambi ed è un attivo decidere di correre assieme.
Ci siamo, tredici e zerozero e si parte. Giusto un paio di centinaia di metri per liberarsi del traffico e impostare il giusto ritmo e comincia la "fuga". Siamo in quattromilaequattrocento (+50%) ma a giudicare da come siamo gia sfilacciati fin dalle prime battute la sensazione che quelli più forti abbiamo perso l'occasione di potersi divertire senza l'assillo del cronometro è più che altro una certezza.
Le gambe girano alla grande e mantenere quanto preventivato non è cosa semplice. Senza riferimenti siamo sempre sopra il ritmo pattuito. Se non spingo io, lo fa il mio socio. Ci proviamo ma senza grossi risultati.
Il percorso disegnato è piacevole con i primi 20 km che ruotano intorno al centro della città con l'ingresso nei due parchi e il passaggio in Duomo al diciassettesimo. I chilometri tra una battuta e un'altra volano e senza nemmeno rendersene conto siamo già al ventesimo dove i volontari sono pronti a fermare la corsa di tutti quelli privi del braccialetto che indica "gara competitiva". La mezza in novantadue e spiccioli e la zona naviglio sempre più vicina dove le nostre strade dovrebbero dividersi. Giusto una ventina di minuti e al venticinquesimo, appena prima dell'Alzaia del Naviglio Grande, Federico alza il piede dell'acceleratore.
Io continuo per la mia strada ma la brillantezza comincia a scemare. Le due settimane di sosta hanno lasciato il segno e la mezza ben al di sopra delle nostra possibilità ha evidentemente fatto il resto. Arrivano i primi sorpassi e l'idea di mollare è una possibilità da non escludere a priori.
Insisto e resisto. Non manca poi così tanto. Sono ormai in periferia e non riesco ne ad orientarmi ne a capire dove sto correndo. I cartelli passano sempre più lenti e la voglia di dire basta e sempre più forte.
Trenta. Finalmente il tanto agognato cartello. Ho raggiunto quanto preventivato e ora?
Fa freddo. Sono sudato. Fermarsi e attendere non è di certo la soluzione migliore, perlomeno non è, viste le condizioni climatiche, quella più intelligente e allora navigatore sui 6 e si prosegue. Tanto che ci vuole ad essere raggiunti, no ?
Un paio di chilometri al piccolo trotto e vengo superato dal mio socio che evidentemente deve aver fatto lo stesso ragionamento. Mi saluta e prosegue. Tempo un migliaio di metri e sono io che lo ripasso proseguendo la mia corsa verso il Naviglio Pavese.
Ora va meglio e il passo fisso sui 5e30 può solo significare che ci vorrà più tempo per essere raggiunto.
Trentacinquesimo, Famagosta e l'irrefrenabile tentazione di porre fine alla mia corsa.
Ma anche qui che faccio? Se prendo la metro di fatto non vengo classificato e se mi fermo mi ammalo e quindi si prosegue.
Tutta colpa del meteo. Ci fosse stato il sole avrei avuto anche il tempo di prendere un po' di colore e invece mi tocca proseguire.
Non manca molto o almeno ci spero. Siamo in pochi e tutti più o meno nelle medesime condizioni. Tutti a desiderare di essere raggiunti e nessuno (o quasi) che ha intenzione di fermarsi.
Arrivano le prime moto, poi tocca alle bici che ci annunciano l'imminente arrivo della macchina. Non provo nemmeno a resistere. Continuo con il mio passo e a poco meno di 39km per gli organizzatori o 37.68km per la questura (leggi Garmin) vengo catturato dalla Catcher Car.
Cos'altro aggiungere ? Arrivederci all'anno prossimo