disfatta
Me lo sono chiesto spesso, anzi spessissimo, negli ultimi 10 chilometri. Perchè insistere in una sorta di supplizio quando è solo la testa a voler attraversare, in Santa Croce, la tanto agognata linea, quella che sancisce la fine dei quarantadue chilometri e centonovantacinque metri della FirenzeMarathon? Eppure le premesse per fare bene c'erano tutte. Una quindicina di gradi, coperto, pioggia e vento non pervenuti, e soprattutto una mezza, quella di Busto, portata brillantemente a casa con un tempo di tutto rispetto. Senza l'assillo di cercare il personale a tutti i costi decido, comunque, di provare a tenere i 4e15 rimandando la decisone sul tipo di gara da interpretare solo al termine del parco delle Cascine. Sulle ali dell'entusiasmo la partenza, grazie anche al grande viale e soprattutto alla posizione conquistata in griglia, non potrebbe essere migliore con il ritmo gara già impostato dopo pochi metri. Ritmo addirittura un "tantino" troppo veloce. Giusto una rapida occhiata a chi mi segue ed è un attimo decidere di approfittare (nuovamente) del comodo servizio offerto dagli angeli dal palloncino giallo. E una volta demandato ad altri la preoccupazione di controllare il Garmin non resta che godersi la gara. Almeno finchè è durata. In perfetta media al quinto, già al decimo tocca pagare dazio per la solita sosta "idraulica". Altri secondi lasciati per strada all'uscita del parco e la consapevolezza che quella che sto correndo non sarà di sicuro una maratona da ricordare. Nuovo piano di "battaglia" e ritmo sui 4e20 con un passaggio alla mezza in linea con la maratona di Venezia. Ventidue, ventitre e la voglia di soffrire comincia a venir meno. Il ritmo si alza (o si abbassa, come dir si voglia) e di fatto la mia gara, dal punto di vista delle gambe, finisce lì, in via Aretina. E con la cupola del Brunelleschi che pare di poter toccare, la tentazione di tirar dritto, ponendo fine ad un'inutile sofferenza, debbo confessare
di averla avuta. Ventiquattro, venticinque e i chilometri che si susseguono ancora più "lenti" del solito. Campo di Marte, il centro sportivo con lo stadio Artemio Franchi e il campo da baseball dove tocca prendesi una pausa per lo "spirito". Viale De Amicis e il cavalcavia dell'Affrico unica "asperità " del percorso. Trentadue, trentatre, trentaquattro e finalmente si rientra nel salotto buono della città , quello che da solo vale il prezzo del biglietto. Il Batttistero, Via Calimana, Piazza della Repubblica, Borgo Ognissanti dove sono costretto nuovamente a rifiatare. Lungarno Vespucci, Lungarno Corsini, Ponte Santa Trinità , Ponte Vecchio, Piazza della Signoria e finalmente il Duomo dove un cartello, con il "40" in bella vista, ricorda che ormai il più è fatto. Via del Proconsolo, Via Ghibellina (che pare essere la via più lunga del mondo), Viale Della Giovine Italia, Lungarno Della Zecca Vecchia e finalmente il tanto sospirato tappeto blu a coprire gli ultimi metri che pongono la parola "fine" a poco più di duecento minuti di (e questa volta è il caso di dirlo) vana fatica.