Stavolta non ho nulla da rimproverarmi .
Credits Phototoday |
Il sabato dedicato a raggiungere la capitale, andare all'EUR per il disbrigo della pratica "pettorale" e trovare il modo di spendere un po' di euro tra gli espositori, pochi a dir il vero, presenti al Salone delle Fontane. A seguire il tradizionale carico di carboidrati nel ristorante di fiducia del Rione Monti per concludere la serata con un rapido giro zona Colosseo prima del meritato riposo perché con l'arrivo dell'ora legale ci tocca pure un'ora in meno di sonno.
Sveglia, colazione e, lasciato l'albergo solo dopo un ultimo check alla borsa trasparente, alle 7 sono già al binario della linea B giù a Termini direzione Circo Massimo. Qualche centinaio di metri per raggiungere l'Arco di Costantino e il Colosseo e, dopo il doveroso cambio d'abito, sono pronto a dirigermi al varco che permette di accedere alla zona partenza giusto una trentina di minuti prima dello start previsto per le otto e mezza.
Ci siamo, lo speaker scandisce il conto alla rovescia e puntualissimi si torna protagonisti.
Primo chilometro per impostare un passo adeguato evitando l'effetto pettorale e con un occhio al fondo e un altro al panorama si va. Il percorso, a partire dalla special edition dello scorso settembre, è stato modificato in diversi tratti e soprattutto è stata assemblata in maniera differente la parte finale con la cancellazione del tunnel sotto il Quirinale (ancora ci penso a quanto è costata quell'ultima salita) e a me, che conoscevo il precedente a menadito, non resta che scoprire anche questo.
Piramide, Ostiense, San Paolo, Testaccio per poi all'altezza di Porta Portese prendere Lungo Tevere Aventino. Il tempo passa, i chilometri pure e le nuvole che ci avevano accompagnato fin dalla partenza hanno lasciato spazio ad un caldo sole che non fa rimpiangere la scelta di correre in canotta.
Per la terza volta si attraversa il Tevere imboccando Ponte Vittorio Emanuele II e una volta superata via San Pio X la svolta a sinistra ci pone davanti alla "santità del cupolone" (cit.) vista che da sola vale già il "prezzo del biglietto" e dove ho il piacere di intravvedere Valeria (non per la velocità ma perché privo di occhiali) che si è fatta trovare in Via della Conciliazione per incitarmi.
Qualche chilometro nel rione Prati, la mezza come da tabella sotto l'ora e quarantacinque e di nuovo a costeggiare il Tevere direzione Foro Italico e Stadio Olimpico dove è posto il cartello dei venticinque.
Cambiamo sponda del fiume per la quinta volta su Ponte Duca d'Aosta e dopo aver superato l'Acqua Acetosa è la volta della lunga salita di via della Moschea dove spesso, per molti, si infrangono i sogni di gloria.
Comincio a lasciare per strada qualche secondo di troppo ma il 5e15 visualizzato durante l'ascesa non può che compiacermi. Sto tenendo. Ora fa caldo, la media si è alzata ma, tenuto conto che sino a martedì correvo in lungo e con I guanti, mi posso accontentare e il trentesimo superato appena sopra le due ora e mezza mi permette persino di sperare in un tempo finale di poco sopra ai 210 minuti ipotizzati alla vigilia. Speranze che, invece, si infrangono una trentina di metri prima del successivo tappeto quando, dopo più di tre anni, la bandelletta decide di tornare protagonista.
Devo smettere di correre. Il dolore è abbastanza forte e non voglio fare danni. Ma non manca tantissimo e questa volta la parola "ritiro" non è contemplata. Il clima, contrariamente a quando capitò in quel di Firenze, mi permette di proseguire senza rischiare un malanno e quindi si prosegue adeguandosi alle circostanze: si cammina, si riprende a correre e quando la bandelletta alza di nuovo la voce si ricomincia a camminare per qualche centinaio di metri. Cosi sino all'arrivo.
Sette chilometri, sono solo settechilometriecentonovantacinquemetri e c'è ancora un obiettivo da raggiungere: non sfondare (al contrario) il muro delle quattro ore.
Mausoleo di Augusto, via Del Corso, Piazza del Popolo. Un po' di corsa e un po' "a piedi". Trinità dei Monti, piazza Navona, Largo di Torre Argentina. Sempre un po' di corsa e un po' "a piedi". Questi sono i chilometri che il mondo ci invidia e io, anche se acciaccato, me li sto godendo tutti.
Manca davvero poco e, tutto sommato, non sta andando male, addirittura con un discreto margine sul nuovo obiettivo.
Ci siamo, finalmente Piazza Venezia, l'Altare della Patria e a poche decine di metri l'arco dell'arrivo da attraversare prima di poter dire di essere, per la trentatreesima volta, finisher.
Acciaccato, ma finisher.