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2° Venice Half Marathon
A soli 7 giorni dalla 10k di casa eccomi di nuovo con un pettorale appuntato sulla maglietta per la seconda edizione della Venice Half Marathon con partenza posta al centro di Mestre. 

Il sabato dedicato a raggiungere Venezia, dove, senza la preoccupazione di dover risparmiare le forze in vista della quarantadue, ho potuto dedicare parte del pomeriggio a girare per le calli prima della tappa obbligata a Parco San Giuliano dove espletare le operazioni di rito (leggi pettorale, sacca gara e maglietta) concludendo poi la giornata con il tradizionale carico di carboidrati e il rientro in albergo per un meritato riposo. 

Solita sveglia ad orario improponibile e alle 6 in strada direzione piazzale Roma dove prendere il bus per raggiungere Mestre. 

La partenza fissata per le nove (posticipata poi di quindici minuti) permetterebbe anche di prendersela comoda ma i camion devono partire prima di noi è quindi diventa tassativo cambiarsi e consegnare la sacca con il cambio entro le otto. E con il sole basso sull'orizzonte, per decidere cosa indossare, tocca fidarsi delle previsioni meteo: canotta. 

Nove e diciassette e si torna protagonisti. Qualche centinaio di metri di traffico intenso e una volta sgranato il gruppo, grazie anche alla sede stradale, si può impostare il navigatore su quanto ipotizzato. Non sono nelle condizioni migliori e ne sono consapevole, pensare quindi, di ripetere la gara di metà febbraio sarebbe folle. 

La giornata è fantastica, sole, cielo terso e una temperatura che conferma la bontà della scelta di correre a braccia scoperte. Il percorso, una volta lasciato il centro si immette su quello familiare della quarantadue fin dentro il parco dove, per ovvie ragioni, deve prendere un’altra direzione e recuperare il gap che ci separa dal cartello dei meno dieci posto poco prima del Ponte della Libertà.  

Non ci sono, o non vedo, i cartelli che scandiscono i chilometri e devo, per adesso, fare affidamento a quanto visualizzato sul display del Garmin: 5'/km come da tabella.

2° Venice Half Marathon - pettorale e medaglia
Il pettorale come sempre fa miracoli ma la tentazione di accelerare lascia il posto, ogni tanto capita anche a me, ad una più saggia condotta. Mi sento bene, le gambe nonostante il sabato da turista rispondono e "girovagare" per i viali del parco risulta meno faticoso di quanto potessi immaginare.

I pacer dei 105' non sono troppo lontani ma una volta persi in partenza tentare di raggiungerli non avrebbe senso.

Lasciato Parco San Giuliano, appena prima del decimo, comincia la parte più "interessante" quella che, nella distanza regina è stata in più di un'occasione, lo spartiacque tra il successo o la disfatta  con  il cavalcavia della ferrovia che assesta il primo colpo e gli interminabili tremilaottocentocinquanta metri di "freedom bridge" che danno il colpo di grazia. 

Ma doverli affrontare a metà di una mezza non è come farlo quando di chilometri ne hai già corso più di trenta. Una sostanziale differenza che fa sembrare la salita del sovrappasso addirittura meno ripida di quanto potessi ricordare ed il lungo ponte, spauracchio per molti di quelli che transiteranno da qui a un paio d'ore, che torna ad essere semplicemente quello che è: un limitato numero di chilometri in mezzo ai 21 di gara.

Treni che attivano gli avvisatori acustici in segno di saluto da una parte, veicoli su ruote dall'altra e noi in mezzo a formare un lungo e colorato serpentone. Venezia è li davanti, sempre più vicina e io, abbandonando quel briciolo di buon senso rimasto, provo ad aumentare leggermente il ritmo. Ne ho ancora, o meglio credo di averne, e quindi pensare di limare un po di secondi di secondi non sembra un azzardo.

2° Venice Half Marathon - percorso
Tentativo che riesce solo parzialmente perché una volta arrivati alle Zattere e affrontato i primi due ponti la brillantezza degli ultimi chilometri comincia a scemare e con essa svanisce il sogno di stare almeno sotto l'ora e quarantacinque minuti.

Tocca prenderne atto e godersi senza troppi pensieri gli ultimi 3 chilometri in un contesto unico al mondo.

Altri quattro ponti prima di Punta Dogana, il ponte provvisorio di barche ad attraversare Canal Grande e il giro in Piazza San Marco che, da solo, vale il prezzo del biglietto. 

Mille metri, ancora mille metri e gli ultimi 8 ponti da attraversare, arrivati a questo punto, senza più calcoli.

Un ultimo sguardo al Garmin  un accenno di volata a limare posizioni e secondi preziosi e il display TDS sul traguardo di
 Riva dei Sette Martiri ad indicare un tempo di una manciata di secondi sotto i 106 minuti.

Viste le premesse, come si fa a non essere soddisfatti ?





35° Venicemarathon - immagine di Matteo Bertolin

Da dove comincio ? Ovviamente dall'epilogo: finisher. Un termine che, nel mio caso, mancava da tempo, troppo tempo, come, del resto, mancavano i rituali che accompagnano questo genere di "trasferte": il ritiro del pettorale all'expo, la cena a base di carboidrati nel solito ristorante, la meticolosa cura nel preparare la sacca prima di andare a letto perchè hai la sveglia prestissimo.

E se corri la Venice Marathon non è semplicemente un modo di dire perchè, dopo un ultimo check al contenuto della sacca, alle sei sono già fuori dall'albergo direzione Tronchetto dove ci attendono le navette messe a disposizione dall'organizzazione.

Gente in giro poca, ancora meno quelli con addosso abbigliamento sportivo in "processione" verso la medesima destinazione segno che questa edizione, quella della ripartenza, a livello numerico sarà sottotono.

Giusto una quarantina di minuti di bus percorrendo a ritroso quello che da lì a qualche ora sarà il percorso di gara e per l'ottava volta sono davanti a Villa Pisani. Fa freddo e anche se il buio ha ormai lasciato posto alle prime luci dell'alba tocca attendere che il sole si alzi sull'orizzonte prima di capire cosa indossare per la gara. E se l'orario previsto per la partenza garantirebbe una scelta oculata è il limite per la consegna delle sacche che detta i tempi: pantaloncini, canotta e manicotti nonostante una leggera "arietta" che, a detta dell'autista della navetta, sul "ponte" sarà più di un semplice fastidio.

Nove e quaranta si torna protagonisti. Qualche centinaio di metri per far sfilare il gruppo ed è subito passo gara. Il pettorale spesso fa miracoli ma dopo mesi di corse solitarie cercare di non farsi prendere la mano diventa la principale preoccupazione. Navigatore impostato appena sotto i cinque e si va finché ce n'è.

35° Venicemarathon
Non ho grandi ambizioni cronometriche e del resto, soprattutto ora, non devo dimostrare niente a nessuno se non solo a me stesso. La voglio finire, la voglio correre dal primo all'ultimo metro e se possibile chiudere sotto il tempo con cui ho chiuso la mia prima quarantadue. 

La giornata è fantastica, il cielo è terso e un caldo sole non fa rimpiangere la scelta del "corto". Non resta che correre facendosi distrarre dal panorama della Riviera del Brenta e dal tifo del pubblico assiepato ai bordi della strada. 

Cinque, dieci chilometri e tra uno scambio di battute e qualche sorriso da corsa solitaria si passa ad un piacevolissima corsa di gruppo. Ed è una scelta che paga perché tra una chiacchera e l'altra, senza nemmeno rendersene conto, stiamo già attraversando il gonfiabile che indica il giro di boa una manciata di secondi sotto l'ora e quarantacinque. 

Passiamo Marghera ed entriamo in Mestre e qui, dopo il lungo sottopasso della stazione, comincio a perdere il contatto con i compagni d'avventura. Pochi metri per la verità, ma segno inequivocabile che non sono nella condizione di continuare sui quei ritmi. Eppure quanto visualizzato dal garmin nei chilometri che attraversano la città sembra dire il contrario: 4e47, 4e49,4e50, 4e45. O forse sono gli altri che hanno impresso un'accelerazione alla loro gara. Più realisticamente entrambe le cose perché dopo qualche chilometro, sul vialone che conduce al sovrappasso pedonale di Parco San Giuliano, tocca definitivamente abbandonare la folle idea di riuscire a chiudere sotto i duecentodieci minuti. 

35° Venicemarathon - percorso
E allora si cambia registro. Navigatore impostato su ritmi più consoni e senza troppi patemi provo a centrare gli obiettivi (realistici) prefissati alla vigilia. 


Un paio di chilometri tra i viali del parco e dopo aver "scalato" il cavalcavia della ferrovia eccomi, ancora una volta, sul Ponte della Libertà con i suoi tremilaottocentocinquanta interminabili metri. 

Sono stanco e il vento che arriva da nord-est non aiuta. Niente a che vedere con la Bora del 2012 ma, comunque, molto fastidioso.  Ora è un'altra gara. Faccio fatica e la tentazione di mollare tutto non è più quella remota possibilità da escludere a priori. Del resto non sarebbe nemmeno la prima volta.  

Però resisto. Venezia è lì ed è sempre più vicina. Un passo dopo l'altro, un chilometro alla volta.  Oggi il verbo camminare non è contemplato. 

Trentacinque, trentasei trentasette. Un ultimo sforzo. Ancora poco e superata la Capitaneria di Porto alle Fondamenta Zattere iniziano i tre chilometri che da soli, con il giro di Piazza San Marco, valgono il prezzo del biglietto: sei ponti per arrivare alla Punta della Salute, il ponte provvisorio di barche che scavalca Canal Grande e, una volta lasciata la piazza che tutto il mondo ci invidia, gli ultimi sette che portano a Riva dei Sette Martiri.

Me la sto godendo e arrivati a questo punto non potrebbe essere diversamente tanto che anche il mio passo sembra trarne beneficio. Ancora uno, due ponti ed è finita. Ho perso il conto e solo il cartello dei quarantadue ai piedi del quattrordicesimo certifica che davvero ci siamo. Un rapido sguardo al gps, un accenno di volata e il display TDS ad indicare un tempo abbondantemente sotto le tre ore e quaranta. 

Finita, corsa dal primo all'ultimo metro e più veloce della mia prima quarantadue.

What else ?

32° venicemarathon
Quando a novembre quelli della venicemarathon decisero si seguire la moda del black friday proponendo l'iscrizione a tutte le loro gare a metà prezzo è stato impossibile non approfittarne. Canoniche sedici settimane di preparazione, un lucifero di troppo, una caviglia malata di protagonismo e in un attimo (si fa per dire) mi sono ritrovato a preparare il trolley destinazione laguna.

Il sabato per raggiungere Mestre, ritirare il pettorale all'expo e una volta giunta la sera, fare il pieno di carboidrati in compagnia degli amici in una buona trattoria veneziana con il solito imbarazzo del cameriere di turno al momento dell'ordine del secondo piatto di pasta.

Sveglia, colazione e poco prima delle sette in marcia direzione stazione dove è prevista la partenza delle navette che hanno il compito di accompagnarci a Stra e dove ho appuntamento con Filippo che non vedo da parecchi anni e Piergiovanni che nella confusione non riesce a trovarci. Mezz'ora di strada e sono per la settima volta davanti a villa Pisani. Solita trafila E una volta consegnata la sacca agli addetti con Filippo partiamo alla ricerca di Alvin con cui abbiamo condiviso l'attesa della partenza diversi anni fa.

In gabbia tra una foto e una chiacchera il tempo vola e senza nemmeno rendercene conto arriva il
32° Venicemarathon
momento di tornare protagonisti. Saluti di rito e ognuno ad impostare la propria gara. Sono pronto nonostante tutto e l'obiettivo nemmeno troppo celato e quello di fare un po  meglio di Roma.

Navigatore sui 4e23 elastici e si va.

È nuvolo la temperatura è quella giusta e dell'acqua pronosticata alla vigilia nemmeno l'ombra. I pacer vanno per la loro strada e a naso sono un filo troppo  veloci tanto che io prima di lasciarmeli alle spalle ci metto sei o sette chilometri. Potrei stare con loro e farmi "guidare" ma dopo poche centinaio di metri saluto la compagnia e vado per la mia strada.

Passano i chilometri e come sempre lungo il Brenta il tifo del pubblico ci tiene compagnia con decine di mani dei bambini protese in cerca di un "cinque" che non esito a ricambiare. Cerco di tenere un ritmo costante ma con il passare dei minuti mi rendo conto che non è una delle giornate migliori. Comincio ad avere fastidio alle ginocchia e prima di arrivare alla mezza ho fastidio anche all'inguine tanto che devo ridurre l'ampiezza della falcata. Tocca prenderne atto. E con la preoccupazione di una lunga passeggiata su freedom bridge riprogrammo il navigatore su ritmi più consoni alla nuova situazione.

Ormai Mestre è in dirittura d'arrivo e una volta superata anche Marghera si entra nel vivo della gara. Tre, quattro chilometri in città e finalmente il parco dove in un paio di occasioni ho posto termine alle mie sofferenze. Ma non oggi. Problemi a parte (che a ritmi più lenti sembrano rientrati) sono consapevole di averne e per una volta freedom bridge non è quel mostro tanto temuto. Lungo noioso e interminabile dove spesso viene posta la parola fine ai sogni di gloria. Senza forzare, con il mio ritmo. Un passo dietro l'altro, un chilometro alla volta. Il ponte di piazzale Roma fortunatamente più dolce dei precedenti, il tronchetto sotto le navi o meglio le enormi "cattedrali" che ogni giorni riversano  migliaia di turisti tra le calli della Serenissima.

32° Venicemarathon
Manca poco tre, quattro chilometri eppure sembrano ancora un'enormità. Cerco di aiutarmi pensando che in fondo è l'equivalente  da casa al parco ma la cosa non sembra funzionare.

Le zattere dove hanno inizio i famosi 14 ponti e dove comincia il conto alla rovescia.

Tre chilometri. Ancora tre chilometri.

Il ponte delle barche dalla Salute a San Marco.

La piazza con il suggestivo e "bagnato" giro (l'acqua in piazza, poca per la verità, ancora mi mancava)  prima dell'ultimo mille da fare senza più calcoli.

Sette. Ora dei  ponti ne mancano solo sette.

Non ci si può più fermare.. E allora provo a spingere o almeno credo di farlo con il numero delle "asperità" che si assottiglia e il gonfiabile sempre più vicino.   

È fatta. Il cartello dei quarantadue e dopo l'ultimo di 14 non resta che provare la volata finale con il display TDS ad indicare una manciata di secondi sopra i centonovantadue minuti.
Maratona numero trenta. Anzi trenta e lode

30° venicemarathon
Dopo quattro lunghi mesi a macinare chilometri è nuovamente arrivato il momento di indossare il pettorale di una quarantadue: Venicemarathon edizione numero trenta, per quel che mi riguarda, la sesta. 
E devo riconoscere che si è trattato di un fantastico fine settimana sotto ogni punto di vista: la città, che non ha certo bisogno di presentazioni, il clima che, anche a potere decidere, non poteva essere migliore e l'atmosfera che, in ogni angolo, ops calle, si poteva respirare. 
Non sono al meglio della condizione e il timore di non averne più ancora prima di arrivare al parco è un tarlo che mi frulla per la testa ormai da giorni. I presupposti ci sono tutti e ne sono consapevole. Mi tocca e la voglia di provarci ugualmente deve, almeno per una volta, lasciar spazio al buon senso.
Nove e quaranta, si parte. Navigatore impostato sui quattroetrenta e vediamo cosa ne viene fuori.
Il percorso è quello collaudato da anni ed è un piacere vedere assiepata lungo la strada tutta quella gente ad incoraggiarci con un indefinito numero di bambini pronti a porgerci "il cinque" e, senza l'assillo della prestazione a tutti i costi, è davvero bello allungare la traettoria e ricambiare quel semplice gesto. Dolo, Mira, Oriago, e il copione è sempre lo stesso.
I chilometri passano veloci e grazie al ritmo più sostenibile i timori della vigilia sembrerebbero del tutto infondati. Marghera, Mestre e finalmete il parco San Giuliano dove spesso terminano i sogni di gloria di molti. E, come gia accaduto qualche volta, mi unisco alla simpatica compagnia. Comincio a lasciare per strada più di qualche secondo e, una volta abbandonato l'isola verde e imboccato il ripido cavalcaia S.Giuliano, nonostante aver ulteriormente rallentato, la stanchezza prende il sopravvento e, per evitare guai peggiori (leggi crampi), decido che per questa volta può bastare.
30° venicemarathonSono ormai al trentaduesimo sul famigerato "freedom bridge", (quasi) quattro chilometri d'asfalto senza apparente fine, ma Venezia è lì davanti, quasi la si può toccare e, alternando un po' di corsa e un po' di camminata veloce, in ogni caso "sarà mia". Dieci chilometri, poco meno di un quarto di gara, eppure sembrano ancora un'eternità. Piazzale Roma, il Tronchetto e finalmente i quattordici famosissimi ponti che portano all'agognata medaglia. Un sorso di integratore all'ultimo ristoro e si riparte. Almeno questi, tocca farli dignitosamente.
E poi c'è una Piazza, anzi la Piazza più famosa al mondo da attraversare in tutta la sua lunghezza, prima degli ultimi interminabili mille metri.
Uno spettacolo. Tre chilometri che da soli valgono il prezzo del biglietto.
Alla fine il display indica under210. Tanto, troppo. Ma sinceramente, questa volta, non me ne può fregar di meno.
28° venicemarathon Anche questa è andata.... male. Capita e a me, negli ultimi anni, abbastanza spesso.
Domenica, sei e un quarto, un ultimo controllo al contenuto dello zaino e si parte. Una passeggiata di una
quindicina di minuti e sono di nuovo al Tronchetto in attesa della navetta che mi porterà per la quinta volta
davanti a Villa Pisani. Quattro chiacchere con i "compagni" di viaggio e, apparentemente, in un attimo veniamo scaricati a destinazione.
28° venicemarathon
Solite cose da runner in attesa dell'apertura delle gabbie (o Corral che fa più internazionale) e una volta
entrato in quella di appartennenza non resta che attendere per tornare ad essere protagonisti. Nove e venticinque le handbike e, un paio di minuti dopo le nove e trenta, si parte. Il clima è mite ma umido da paura e la scelta di indossare la canotta si rivela la più corretta. Velocità di crociera impostata a quattro e quindici lasciandomi, per una volta, guidare dai pace che quest'anno sembrano regolarissimi. Al quinto in ventuno, al decimo in quarantadue e spiccioli, alla mezza una manciata di secondi sotto i novanta. Come da manuale. Superato il lungo sottopasso della ferrovia si comincia a fare sul serio. O meglio si dovrebbe. Venticinque, ventisei, ventisette. Sento la stanchezza, mi sembra di rallentare, ma il Garmin mi dice il contrario. Parco San Giuliano e il suo soprapasso pedonale mi da la prima avvisaglia. Tocca mollare un attimo. Il cavalcavia di accesso a freedom bridge la mazzata finale. Ma ne ho ancora. E ad occhio potrei anche finire con un tempo di tutto rispetto simile a quello della Maratona della Città Eterna.
28° venicemarathon
Trentaquattro, trentacinque, basta. Mi arrabbio con me stesso pensando a quattro mesi buttati via e decido di fare il turista. E un attimo. Neanche il tempo di farlo che già me ne sono pentito ma oramai è tardi. Una volta smesso di correre il danno è fatto. Piazzale Roma, Le Zattere, Fondamenta dei Gesuiti, Punta della Dogana e una volta attraversato il Canal Grande, il passaggio in Piazza San Marco e gli ultimi mille metri in uno degli scenari più belli al mondo.
Dura. Davvero dura.
'Sti due maledetti secondi (al chilometro) comincio a pensare che non verranno più limati.  Dovrò farmene una ragione anche se questo non vuol certo dire alzare bandiera bianca.
Ci si riprova alla prossima. 
27° venicemarathonIn questi nove anni di onorata "carriera", condizioni climatiche così avverse, non avevo ancora avuto modo di sperimentarle. A parer mio, Mezza di Monza 2011 e Milanocitymarathon 2012, rientravano già abbondantemente nella categoria "il peggio che possa capitare". Evidentemente sbagliavo e anche di grosso.

Le previsioni, da giorni, parlavano chiaro: freddo, pioggia, vento e, ciliegina sulla torta, acqua alta a San Marco. Eppure la speranza, o forse sarebbe più corretto dire l'illusione, di un possibile errore faticava a lasciare posto alla realtà. Otto e quaranta, nove, nove e dieci, l'ora dello start sempre più vicina e, come un tarlo, un solo pensiero; il muro nel bel mezzo di "freedom bridge" meglio conosciuto come "Ponte della Libertà" con i suoi tremila e ottocentocinquanta interminabili metri.

Nove e quindici e, in anticipo rispetto al programma, si torna ad essere protagonisti. Talmente in anticipo che, al momento dello start, tra noi e quelli della prima "linea" c'è ancora lo stesso centinaio di metri che ci divideva al momento dell'apertura delle gabbie. Ma ormai il "danno" è fatto e cercare di forzare l'andatura per raggiungere nel minor tempo possibile il gruppo dei pacee  potrebbe, alla lunga, rivelarsi controproducente. La solita sosta "idraulica" poi, peggiora le cose e la distanza dal gruppo raddoppia. Archiviata, quindi, la possibilità di correre coperto, tocca rassegnarsi all'ennesima corsa in solitaria.

Ventun minuti al quinto, 43' al decimo e appena sotto i 65' al quindicesimo come da tabella. E se il ritmo è da personale, la testa, sempre intenta a rimuginare sul peggiore degli incubi, no. Lasciato l'abitato di Oriago e reimpostato il "navigatore" su "valori" più consoni (4' e 30") affronto la parte meno "interessante" del percorso equamente divisa tra la campagna e la zona industriale di Porto Marghera.
27° venicemarathon

Ed è a ridosso del diciannovesimo che la bora ci offre un piccolo assaggio di quello che, una sessantina di minuti dopo, ci regalerà sulla lunga striscia di asfalto che collega Venezia alla terraferma.

Entrati in Marghera, invece, la sensazione di disagio causata dal vento diminuisce e una volta superato il lungo sottopasso della ferrovia sembra di correre un'altra gara.

Suggestivo poi, come sempre, il passaggio nel salotto buono di Mestre. Ventisette, ventotto, ventinove ed ecco Parco San Giuliano dove il vento torna prepotentemente protagonista costringendomi ad adeguare nuovamente il ritmo. Trentaduesimo chiuso in centoquaranta minuti e la netta sensazione di avercene ancora, tanto da ipotizzare, con una discreta dose di sfacciataggine, un ipotetico under 185' miseramente accantonato appena imboccato il Ponte della Libertà. Tremilaeottocentometri di pura follia con la bora proveniente da nord-est talmente forte che in alcuni punti diventa quasi impossibile avanzare. Tocca resistere. Questa volta mollare è un'ipotesi non contemplata. E poi Venezia non è poi così lontana. È li davanti, Sembra quasi poterla toccare.

Trentacinque, trentasei, trentasette e finalmente il cavalcavia di Piazzale Roma ultima "asperità" prima dei quattordici ponti che caratterizzano l'atto finale della Venicemarathon.
27° venicemarathon
Le Zattere, dove dei 120 cm della marea prevista per le dieci non rimane che qualche pozzanghera, Fondamenta dei Gesuiti, Punta della Dogana e una volta attraversato il Canal Grande, gli ultimi mille metri in uno degli scenari più belli al mondo.

Centonovanta minuti che difficilmente potrò mai dimenticare e, una volta indossata la medaglia, la stessa felicità di un bambino davanti all'albero la mattina di Natale.
26° Venicemarathon
Non è andata. Al 38° è toccato alzare bandiera bianca.
Sei e 30. Buio pesto, temperatura che potrebbe tranquillamente essere quella di una mattina di Novembre inoltrato, e agli occhi di quei pochi in strada per altri motivi lo strano spettacolo di questa sorta di processione. Donne e uomini di tutte le età, in abbigliamento sportivo, con una sacca blu a tracolla e tutti quanti diretti nel medesimo luogo: il Tronchetto, dove le navette, messe a disposizione dell'organizzazione, attendono per il trasporto a Stra.
Una quarantina di minuti e i bus ci scaricano a poca distanza dal luogo della partenza. Sosta sotto il tendone adibito a spogliatoio e poco dopo le otto pronto per l'appuntamento davanti a Villa Pisani per l'incontro con i "Blogtrotters" (in rigoroso ordine alfabetico) Alvin, Anita&Simone, Luca, Michele e Pasteo.
Quattro chiacchere e poi, con largo anticipo, assieme ad Alvin dentro la seconda gabbia in attesa della partenza. Nove e quindici le handbike e dopo pochi minuti si torna ad essere protagonisti.
Primi minuti dedicati ad evitare i più lenti e primo chilometri chiuso a 4' e 21" con i pacer dai palloncini azzurri
26° Venicemarathon
(3h) a portata di "mano". L'idea è di seguirli ma con un secondo chilometro a 4' e 8" è un attimo capire che continuare a seguire quelli che dovrebbero essere i nostri "angeli custodi", per quel che mi riguarda, potrebbe essere una tattica che non paga.
Senza il Garmin poi, misteriosamente scarico, tocca tornare all'antico facendo affidamento solo sulle senzazioni, su chi mi corre intorno e, soprattutto, al Polar che mi porto sempre dietro per ogni evenienza.
I chilometri si susseguono e, dopo una fase di assestamento, già dal quinto riesco a essere costante (e dopo 4 anni da garmin-dipendente chi se lo aspettava) inanellando una serie di parziali intorno ai 4' e 14" che mi portano alla mezza con un discreto bottino di secondi da poter eventualmente spendere nella seconda parte.
Marghera, Mestre, e una volta a Parco San Giuliano i tempi cominciano a dilatarsi. Non di tanto ma quanto basta per realizzare che difficilmente si può puntare al personale. Trentesimo a 4 e 21", poi 4' e 17", 4' e 25" e 4' e 19".
La stanchezza comincia a farsi sentire e il cavalcavia che ci porta sul ponte della Libertà è la mazzata finale. Metabolizzata la delusione non resta che continuare cercando comunque di portare a casa il risultato visto che il passo, nonostante il vento (ovviamente) contrario, è ancora soddisfacente.
Piazzale Roma, Santa Marta e al 38° non ne ho davvero più. Crisi vera. Al pascolo sino al 39° (8'05"/km) e dopo un po' di Gatorade, alla vista del primo dei 14 ponti, raccolgo le ultime energie e riparto per gli ultimi e faticosissimi chilometri.
Arrivati alla Dogana, il Canal Grande e poi, dopo un centinaio di metri, Piazza San Marco da percorrere tra due ali di folla. Ultimi sei ponti e ultimi mille metri. Non mi resta che trattenere il fiato per cinque interminabili minuti prima di poter ricevere una meritatissima medaglia.
Per la cronaca, poco meno di undicimila e trecento secondi di pura fatica.
25 venicemarathon
Tre ore, sette minuti e rotti per portare a termine la tredicesima maratona in sette anni. Lontano dalle ambizioni della vigilia ma, una volta metabolizzata la delusione, comunque soddisfatto per essere sceso, dopo un bel po', nuovamente sotto i 190 minuti. 

25 venicemarathonEppure le premesse per ben figurare c'erano tutte. Lunghi già a partire da agosto, ripetute corte, ripetute lunghe, nuovo personale sulla mezza abbassato di quasi due minuti, il lunghissimo da 36 senza particolari problemi a soli sette giorni da Monza, la DJTen sotto i 38'. Niente. Anche stavolta, il sogno, è svanito sul ponte della Libertà. Pazienza. 

La maratona non regala niente. Evidentemente devo migliorare ancora un po' nella qualità della preparazione. O forse devo semplicemente puntare ad un obiettivo un po' meno ambizioso.Intanto torno a casa con il ricordo di due fantastici giorni passati in laguna. 

25 venicemarathonCon il sabato dedicato a girare per le calli e la scoperta di fantastici scorci che, limitandomi a viaggiare in vaporetto, non avrei mai avuto la possibilità di vedere. Con l'appuntamento della mattina dove, oltre ad aver rivisto i "blogtrotters" conosciuti nella precedente trasferta romana, ho avuto il piacere di conoscerne di nuovi e poter finalmente associare dei volti ad  "anonimi" nickname.

E poi il piacere di poter correre in mezzo ad un pubblico festante ai bordi della strada ad incitare tutti e settemila runner impegnati nella loro fatica devo dire che, come recita una famosa pubblicità, non ha prezzo.
Se accadesse da noi si griderebbe indubbiamente al miracolo.
24^ venice marathon
Lo scorso 25 ottobre ho corso la maratona di venezia, ma non è la mia corsa l'argomento di cui voglio parlare ma di una cosa che nè io nè le persone con cui ho condiviso l'attesa della partenza avremmo mai immaginato di poter vedere. Entro nella seconda gabbia, il settore di mia competenza, e per ingannare l'attesa comincio a scambiare qualche chiacchera con chi mi sta intorno.

Quando il gruppo comincia a compattarsi ed aumentare di numero arriva un "podista" con un pettorale un po' strano. il verde è un po' più sbiadito, la dimensione non è proprio la stessa, il chip manca e soprattutto è evidentemente appuntato con le spille sopra un altro pettorale. Dopo un po', anzi un bel po' di minuti, sentendosi osservato da tutti quelli che gli stanno attorno, confessa con il sorriso sulle labbra, come se ce ne fosse bisogno, che quello non è il suo vero pettorale, e visto che ormai la posizione l'ha conquistata può tranquillamente mostrare quello vero. Un pettorale lilla da ultima gabbia.

Non contento confessa pure che quello non è il suo pettorale ma quello del cognato e che quella è la sua prima maratona. Tutto questo per cosa ?? Per potersi vantare con gli amici di aver "fregato" gli addetti ai controlli ?

Di essere riuscito ad evitare di perdere qualche minuto prima di arrivare a correre al proprio ritmo una gara di quarantaduechilometriecentonovantacinquemetri ???
Domandina finale: sarà riuscito a finirla ??